Il 2023 conferma un quadro difficile per i lavoratori calabresi. Secondo l’indagine (pubblicata il 4 ottobre 2025) dell’Ufficio Studi della CGIA di Mestre, basata sui dati BES-Istat, la Calabria registra alcuni dei peggiori indicatori di soddisfazione lavorativa e benessere aziendale in Italia. Solo il 43,8% degli occupati dichiara di “amare” il proprio lavoro, contro una media nazionale del 51,7%. Numeri che collocano la regione tra le ultime in classifica, insieme a Basilicata (42,3%) e Campania (41,2%).

Il report evidenzia come nel Mezzogiorno, e in particolare in Calabria, la precarietà sia una costante. La percentuale di lavoratori con contratti a termine da almeno cinque anni raggiunge il 25,5%, tra le più alte d’Italia insieme alla Puglia. Il tasso di occupazione nella fascia 20-64 anni si attesta al 48,4%, tra i più bassi del Paese, e segnala difficoltà di accesso al lavoro stabile. Il fenomeno degli occupati sovraistruiti colpisce il 30,5% dei calabresi, a fronte del 16,3% della Provincia Autonoma di Bolzano, la regione più virtuosa.

Ancora più preoccupante è il dato sugli irregolari: quasi uno su cinque lavoratori calabresi (19,6%) svolge attività non regolare, quasi il doppio della media nazionale e quattro volte più della Provincia Autonoma di Bolzano (7,9%). La percezione di insicurezza del posto di lavoro coinvolge il 5,9% degli occupati, tra le più elevate in Italia, mentre il part time involontario riguarda il 12,4% dei lavoratori, segno di una forte difficoltà a trovare impieghi a tempo pieno.

Il tasso di mancata partecipazione al lavoro, ovvero coloro che non lavorano e non cercano occupazione, raggiunge punte preoccupanti: in Calabria il 32,1%, quasi come in Campania e Sicilia, mentre nelle province più virtuose del Nord il dato non supera il 3,5%. Infine, gli infortuni mortali e quelli con inabilità permanente si attestano a 12,3 ogni 10.000 occupati, tra i valori più alti del Paese.

Dall’analisi emerge un forte divario tra Nord e Sud: nelle regioni alpine e del Centro-Nord, come Valle d’Aosta, Trento e Bolzano, oltre il 60% dei lavoratori si dichiara soddisfatto, mentre in Calabria il dato si ferma sotto il 44%. Anche il benessere aziendale complessivo, misurato su dieci sottoindicatori (tra cui stabilità del posto, retribuzione, part time involontario, smart working e infortuni), conferma la distanza tra la Calabria e le regioni più virtuose.

Secondo l’Ufficio Studi CGIA, la situazione calabrese è il risultato di una combinazione di fattori: elevata precarietà, lavoro irregolare diffuso, ridotta partecipazione al mercato e carenze infrastrutturali e formative. Se nelle province del Nord i lavoratori trovano percorsi chiari di carriera e sicurezza, in Calabria prevale ancora la fragilità occupazionale e la mancanza di prospettive.