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L’associazione Open Calabria, presieduta dal professore ordinario di Politica economica dell’Unical Francesco Aiello, ha analizzato il mercato del lavoro in Calabria dal 1995 al 2024.
Cosa significa osservare le dinamiche del mercato del lavoro?
Analizzare il fenomeno di chi trova occupazione e di chi invece rimane escluso dal mercato significa cogliere aspetti cruciali della crescita economica, della coesione sociale e delle aspettative individuali.
Quali sono le considerazioni generali che possono essere fatte sul mercato del lavoro in Calabria?
In Calabria, più che altrove, le dinamiche occupazionali hanno riflesso – e in parte alimentato – una stagnazione di lungo periodo. Tra il 1995 e il 2024, mentre l’Italia ha vissuto fasi alterne, con segnali di crescita e di adattamento, i dati della Calabria raccontano una storia di distacco strutturale rispetto al resto del Paese, che non si è colmato nemmeno parzialmente nelle fasi espansive.
Qual è l’aspetto più evidente che salta agli occhi indagando il mercato del lavoro in Calabria nel periodo esaminato?
Nel trentennio 1995-2024, la Calabria ha sperimentato una progressiva contrazione della popolazione in età lavorativa compresa tra i 15 e i 64 anni, passando da oltre 1,296 milioni di individui nel 1995 a circa 1,163 milioni nel 2024. Si tratta di una perdita netta di circa 133mila persone, pari a un calo di oltre il 10%, il più marcato tra tutte le regioni italiane. Nel solo 2024, la popolazione lavorativa calabrese è diminuita del 10% contro una media nazionale del 4,2%.
Cosa vuol dire?
Il dato riflette una duplice frattura: la prima è legata al progressivo invecchiamento della popolazione e al calo delle nascite; la seconda è associata ai saldi migratori negativi, in particolare di giovani e adulti in età da lavoro. Questa combinazione ha ridotto non solo il numero di potenziali partecipanti al mercato del lavoro, ma anche la qualità complessiva della forza lavoro, svuotando la regione di competenze e capitale umano.
Qual è il significato di popolazione in età lavorativa e quali sono i numeri calabresi?
La popolazione in età lavorativa comprende gli occupati, i disoccupati in cerca di lavoro e gli inattivi, cioè coloro che non lavorano né cercano attivamente un impiego. Nel 2024, la forza lavoro calabrese ammonta a 601.755 persone, mentre gli inattivi tra i 15 e i 64 anni sono 561.170. In altri termini, nel 2024 circa il 48% della popolazione calabrese in età da lavoro risulta inattiva. Il fenomeno non è né nuovo né transitorio. L’anno nero è stato il 2008, quando il numero degli inattivi superò quello della forza lavoro. La persistenza di questa dinamica nel corso di trent’anni indica un problema radicato e sistemico, che limita la capacità della Calabria di generare crescita economica. La presenza di centinaia di migliaia di persone in età attiva ma completamente disimpegnate dalla partecipazione economica rappresenta uno dei principali vincoli allo sviluppo della regione.
La ricerca dell’associazione Open Calabria ha analizzato il tasso di attività. Di che cosa si tratta?
Il tasso di attività – che rappresenta il rapporto tra forza lavoro e popolazione in età 15-64 anni – in Calabria si è mantenuto su livelli cronicamente inferiori rispetto alla media nazionale. Nel 1995, il dato regionale era pari al 50,7% mentre a livello italiano si registrava un tasso intorno al 59%. Ventinove anni dopo, nel 2024, il tasso di attività in Calabria è rimasto pressoché immobile, a fronte di un dato nazionale che ha invece superato il 66%. A differenza di altre regioni meridionali che hanno conosciuto una moderata crescita della partecipazione dal 2015 in poi, la Calabria ha mantenuto un andamento piatto, con il tasso di attività che raramente ha superato il 53%. La situazione si è progressivamente deteriorata nel decennio successivo alla crisi del 2008.
Questi numeri cosa ci dicono?
Rilevano una debolezza economica profonda: in Calabria, una quota consistente della popolazione in età lavorativa si è progressivamente allontanata dal mercato del lavoro. Si tratta di un fenomeno radicato, che riflette disillusione, scarsità di opportunità e disallineamento tra offerta e domanda di competenze. Mentre nel centro-nord, la partecipazione al mercato del lavoro è aumentata, in Calabria la struttura si è cristallizzata in un modello a bassa partecipazione. È una situazione che indebolisce gravemente il potenziale di crescita della regione. Questi dati indicano che la Calabria non solo crea meno occupazione, ma coinvolge sempre meno persone nei processi economici e produttivi. Una tendenza così marcata alla riduzione della partecipazione rischia di trasformarsi in un circolo vizioso, alimentando la stagnazione e impoverendo ulteriormente il tessuto socioeconomico regionale.
Qual è stata nel trentennio preso in esame dalla ricerca la dinamica dell’occupazione in Calabria?
Nel 1995 gli occupati in età 15-64 anni erano 558mila; nel 2024 sono 521mila: una riduzione netta di 37mila unità, pari al -6,6% che fotografa un’economia incapace di generare occupazione in modo duraturo. Il primo decennio considerato mostra un leggero incremento, con un picco di circa 604mila occupati, massimo storico della serie. Una crescita che si rivela effimera: già nel 2005 inizia infatti una fase di declino che, con la crisi finanziaria del 2008 e le politiche di austerità successive, determina un progressivo peggioramento.
Cosa succede nel mercato del lavoro in Calabria dopo il 2008?
Tra il 2008 e il 2014, la Calabria perde circa 73mila occupati, passando da 573mila a 500mila. Nel periodo 2015-2019, si osserva un recupero modesto ma costante, con un incremento di circa 25mila occupati in cinque anni. Questa fase viene però interrotta dalla pandemia, che nel solo 2020 fa perdere oltre 22mila posti di lavoro. A partire dal 2021, si assiste a un nuovo parziale recupero, che riporta il numero di occupati sopra le 520mila unità nel 2024, ma senza superare i livelli del 2019. Nel complesso, nel 2024 il mercato del lavoro calabrese si presenta ancora su livelli inferiori a quelli raggiunti vent’anni prima.
Come si inserisce il mercato del lavoro calabrese nel contesto nazionale?
Dal 1995 al 2024, gli occupati sono aumentati del 18% nel centro-nord, del 4% nel Mezzogiorno, mentre in Calabria si è registrato un calo del 7%. La traiettoria calabrese evidenzia una condizione di progressiva marginalizzazione, in cui le crisi hanno effetti duraturi, mentre le riprese sono lente, deboli e selettive. Il confronto con il resto del Paese conferma l’anomalia del mercato del lavoro calabrese: nel 1995, la disoccupazione in Calabria era al 15%, contro una media nazionale dell’11% e l’8% del centro-nord. Il divario si è mantenuto stabile nei decenni successivi, ampliandosi nei momenti di crisi. Nel 2014, ha toccato addirittura il 24,2%. Anche il confronto più recente restituisce una dinamica divergente: nel 2024, la disoccupazione in Calabria è ancora al 13,3% contro l’8% della media nazionale, il 4% del centro-nord e il 12% del Mezzogiorno.
Quali sono le conclusioni alle quali giunge la ricerca condotta dall’associazione Open Calabria?
L’indagine restituisce un quadro di persistente fragilità strutturale. Nel 2024, la Calabria presenta un tasso di attività del 51,7% e un tasso di occupazione del 43,7%: valori che segnalano una scarsa inclusione della popolazione in età lavorativa nel circuito produttivo. Ciò implica che quasi la metà degli adulti tra i 15 e i 64 anni in Calabria è inattiva, mentre tra chi è attivo, i disoccupati sono il 13,3%. Il divario con il resto del Paese non è solo quantitativo, ma qualitativo e riflette una diversa capacità dei territori di attrarre, valorizzare e trattenere risorse umane. La dinamica occupazionale calabrese segnala una fragilità strutturale del mercato del lavoro, incapace di assorbire la forza lavoro disponibile e soggetto a continui fenomeni di scoraggiamento degli “occupabili”. In assenza di politiche mirate a rafforzare la base produttiva, creare nuove opportunità occupazionali, ridurre l’inattività e migliorare la qualità della domanda di lavoro, la Calabria rischia di consolidare ulteriormente il proprio ritardo. Solo una trasformazione profonda del modello di sviluppo potrà evitare che in Calabria si consolidi uno squilibrio territoriale persistente, con effetti cumulativi su crescita, coesione e sostenibilità sociale.