Tutti gli articoli di Lavoro
In agitazione perché senza stipendio da quattro mesi, dopo un lungo periodo nel quale le retribuzioni sono state comunque erogate in ritardo e sempre ricorrendo ad acconti parziali, i circa sessanta dipendenti della sede di Rende della Tech & Com, operante nel settore delle telecomunicazioni con funzioni di call center e di assistenza alla clientela dei colossi dell’energia Enel e Iren, hanno proclamato una giornata di sciopero, nel tentativo di richiamare l’azienda alle proprie responsabilità. Per tutta risposta invece, hanno ricevuto il ben servito.
Per cui, dopo aver contribuito a tenere in piedi le attività anche durante il complicato periodo del Covid, rischiano adesso di ritrovarsi a spasso e senza alcuna prospettiva. «Quest’azienda da anni paga a piccole tranche anche se fino ad oggi, pur con le difficoltà derivanti dall’incertezza sulle tempistiche di incassare le spettanze, gli operatori avevano sempre ricevuto il dovuto – spiega Alberto Ligato, segretario generale della SLC Cgil l’azienda giustificava i ritardi sostenendo di incassare a sua volta oltre la scadenza, il saldo delle fatture dai due committenti».
La solita storia: il committente non paga puntualmente e di riflesso, anche gli stipendi sono corrisposti a singhiozzo, ribaltando il rischio di impresa sui lavoratori. «Negli ultimi tempi però – continua il sindacalista – si sono accumulate quattro mensilità arretrate. Per questo abbiamo indetto lo sciopero nella giornata di oggi 4 ottobre. Ora però c’è una drammatica novità: la Tech&Com ha deciso di interrompere le attività per cui i dipendenti hanno ricevuto la lettera di licenziamento. Ovviamente noi, pur non essendo certo innamorati di questo brand, siamo determinati a salvare questi posti di lavoro».
Tutti gli impiegati sono assunti part time, con retribuzioni insufficienti a mantenere una famiglia: «Siamo di poco sopra al di sopra del reddito di cittadinanza, circa 800 euro al mese. Quindi un eventuale trattamento Naspi non costituirebbe per noi neppure un palliativo – dice Luigi Pucci, Rsu Cgil in seno all’azienda – Una via d’uscita potrebbe essere il ricorso alla clausola sociale con il tentativo di essere assorbiti nell’impresa che dovesse eventualmente rilevarne la committenza. Ma serve una concertazione istituzionale». I tempi stringono: la chiusura è stata preannunciata per il 31 ottobre.