Il Consiglio di Stato ha definitivamente decretato la legittimità del provvedimento amministrativo con cui il Dipartimento Ambiente della Regione Calabria ha deciso di non concedere il rinnovo dell’Autorizzazione Integrata Ambientale alla Consuleco, per l’utilizzo dell’impianto di trattamento dei reflui fognari ed industriali ubicato nel comune di Bisignano. L’azienda, proprietaria dello stabilimento, era finita nel 2020 al centro di una inchiesta, denominata Arsenico, condotta dai carabinieri forestali. Attraverso campionamenti ed intercettazioni ambientali, i militari, sotto il coordinamento della Procura di Cosenza, avevano compilato un corposo dossier relativo a presunti illeciti commessi con lo sversamento di residui non depurati nelle acque del fiume Mucone.

La vicenda giudiziaria è in itinere con il dibattimento in corso davanti ai giudici del tribunale di Cosenza. Ma c’è un’altra partita in atto, quella che vede contrapposte le associazioni ambientaliste, determinate nel chiedere lo smantellamento dell’impianto collocato in un’area ritenuta a vocazione agricola, ed i sindacati che intendono al contrario tutelare i posti di lavoro. Una trentina gli operai rimasti privi anche degli ammortizzatori sociali i quali sostengono che dall’inchiesta giudiziaria emerga come l’inquinamento ambientale sia stato esclusivamente cagionato in maniera dolosa per moltiplicare i profitti, utilizzando una condotta abusiva con la quale veniva eluso il costoso processo di depurazione. Per cui l’impianto, uno dei pochi del genere del Sud Italia, se correttamente utilizzato sarebbe perfettamente in regola con la normativa vigente. Per questo nelle ultime ore si sta facendo strada una terza soluzione: quella della cessione da parte della Consuleco, proprietaria dell’agglomerato industriale, ad altra società specializzata nello smaltimento dei rifiuti, che abbia le carte in regola per ottenere l’autorizzazione ad operare e riprenda l’esercizio della depurazione.