Tra un gol e una preghiera, Padre Fedele portò l’elettricità nelle case, costruì chiese e asili e fece conoscere la figura del Santo di Acri. Oggi la salma del frate raggiungerà anche la Basilica della città alle porte della Sila
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La città di Cosenza si prepara a dare l’ultimo saluto a Padre Fedele Bisceglia, scomparso ieri all’età di 87 anni. Una vita interamente dedicata ai poveri, alla Chiesa e alla comunità, una missione iniziata negli anni giovanili tra le strade e le campagne di Acri.
La camera ardente, allestita presso la cappella dell’Oasi Francescana dedicata a Sant’Anna, ricorda le origini familiari del frate e la sua devozione alla memoria della madre. Le esequie si terranno alle ore 10 nel Santuario del SS. Crocifisso, prima che la salma raggiunga, alle 14, la Basilica di Sant’Angelo d’Acri, luogo in cui Padre Fedele operò con negli anni giovanili.
Il legame tra Padre Fedele e Acri non è solo spirituale, ma è un rapporto concreto, fatto di gesti, sfide e coraggio. Montagnola, la frazione acrese che lo accolse negli anni ’70, lo ricorda come sacerdote, maestro, missionario… e centravanti.
Arrivato da Milano, giovane e determinato, si trovò davanti una comunità ostile, segnata dalla povertà, dall’emigrazione e dalla diffidenza. La Chiesa era un edificio minimo, molte case erano senza acqua né elettricità, le strade piene di polvere. Eppure, Padre Fedele trovò un ponte verso il cuore della gente: il pallone. Spogliatosi per pochi minuti della tonaca, con scarpette e calzoncini, il giovane frate entrava in campo per diventare centravanti. E fu subito magia: gol, sorrisi, amicizia.
A contribuito alla realizzazione del campo da calcio e della chiesa di Montagnola. Tutto prese forma grazie alla sua passione e alla capacità di unire gioco e vita comunitaria. La squadra di Montagnola, grazie ai gol del “parroco goleador”, volò in seconda categoria, ma il pallone era anche strumento di giustizia sociale. Padre Fedele lottò per portare acqua, fognature ed elettricità alla contrada, arrivando a organizzare un corteo storico che coinvolse istituzioni locali e nazionali, fino alla promessa concreta dei lavori per l’elettrificazione.
«Ad Acri – raccontò padre Fedele in un’intervista – ho portato avanti una delle mie prime battaglie, quella per l’elettricità. Organizzai un grande corteo, intonando “Montagnola cià cià cià». Il corteo terminò in piazza. Lì l’appello colpì tutti, dal sindaco al presidente della repubblica. La denuncia fu fatta senza mezzi termini. Il giovane parroco minacciò lo sciopero della fame. Dopo dieci giorni partirono i lavori per portare l’elettricità alla gente di Montagnola.
Ma Padre Fedele non fu solo un prete attivo sul territorio, fu anche un punto di riferimento spirituale e culturale. Come direttore responsabile del mensile “Beato Angelo d’Acri”, contribuì a diffondere la figura del frate che avrebbe ispirato generazioni. Fu tra i fedeli presenti a Roma per la santificazione del Beato Angelo nel 2017, testimonianza di una devozione profonda e concreta.
Anche nei tempi più difficili, come durante la pandemia, la sua attenzione verso Acri non venne mai meno: nel 2020 donò uno scuolabus per disabili al Comune alle porte della Sila.
Oggi Acri ricorda il suo parroco goleador, il frate che fece segnare gol di speranza, che illuminò le strade e i cuori di intere generazioni. La sua eredità vive nel campo sportivo di Montagnola, nei ricordi della squadra di calcio, nell’acquedotto, nell’elettrificazione della contrada e nella memoria di chi ha condiviso con lui gioie, battaglie, speranze… e gol.