Il 2025 non è stato un anno qualunque per la Calabria.

È stato un anno rivelatore.

L’anno delle elezioni anticipate, del ritorno alle urne di un popolo sempre più stanco, sempre meno numeroso, sempre più distante. Un voto che avrebbe dovuto segnare una svolta e che invece ha riproposto lo stesso identico quadro politico, la stessa identica maggioranza, lo stesso identico orizzonte. Ma allora perché le elezioni anticipate di un anno e mezzo? Forse per cambiare tutto perché nulla cambi: una liturgia ormai consueta, che ha alimentato più rassegnazione che speranza.

Ma il 2025 è stato soprattutto l’anno in cui la Calabria ha dovuto guardarsi allo specchio e fare i conti con la propria sottrazione al futuro. Lo spopolamento non è più una tendenza: è una corsa. Una corsa silenziosa che svuota borghi, spegne scuole, chiude servizi, consuma legami. Decine di piccoli centri sono destinati a scomparire, mentre anche le città e i capoluoghi mostrano segni evidenti di un inverno demografico che non è più rinviabile né negabile. Chi ha continuato a minimizzare oggi non può più farlo senza mentire.

Il 2025 è stato anche l’anno di un fatto per noi inedito: la crisi del turismo. Spiagge semi vuote in piena estate, immagini che fino a ieri sembravano impensabili. Un segnale chiaro, inequivocabile, che racconta di un modello fragile, stagionale, esposto a ogni scossone economico, climatico, infrastrutturale. E accanto a questo, l’emergenza acqua: un tema colpevolmente sottovalutato, che rischia di diventare la vera linea di frattura dei prossimi anni, con conseguenze drammatiche sull’agricoltura, sull’economia e sulla tenuta sociale di interi territori.

Il 2025 ha reso visibile anche ciò che per troppo tempo si è preferito ignorare: il cambiamento climatico non è un’ipotesi futura, è una realtà presente. Stagioni alterate, ondate di calore improvvise, piogge violente. Fenomeni che chiedono politiche, visione, responsabilità. E che invece continuano a essere affrontati con una pericolosa miscela di rimozione e superficialità.

In questo scenario complesso, a tratti drammatico, consentiteci però una riflessione che riguarda anche noi.

Il 2025 è stato l’anno del nostro network.

Un anno in cui un modello di informazione ha dimostrato, nei fatti, di saper coniugare autorevolezza e prossimità, rigore e ascolto. Lo hanno testimoniato le voci che sono passate dai nostri microfoni: imprenditori, magistrati, rappresentanti delle istituzioni, del mondo ecclesiale. Ma soprattutto lo hanno testimoniato i cittadini comuni, che hanno trovato nelle nostre testate un luogo reale, non retorico, dove poter raccontare bisogni, ingiustizie, speranze.

Un riconoscimento che si è tradotto anche nei numeri: un boom di visualizzazioni che ha reso LaC il primo network nell’arco delle ventiquattro ore. Sono 100 milioni le visualizzazioni del 2025 su tutte le testate editoriali del Gruppo.

Ma i numeri, da soli, non bastano. Contano solo se accompagnati da una responsabilità editoriale chiara.

Ed è questa responsabilità che ci accompagna nel 2026. Un anno che si apre con nuove sfide, nuovi format, nuovi modelli informativi. In un tempo in cui l’editoria cambia rapidamente e lo Stato arretra sempre più nel sostegno all’informazione libera e indipendente, fare informazione diventa un atto di coraggio. Richiede scelte nette, sacrifici, visione. Richiede di non essere mai megafono del potere né strumento di parte, ma spazio di equilibrio tra istituzioni e cittadini, tra denuncia e proposta, tra cronaca e futuro.

Noi andremo avanti così. Abbiamo alle spalle un gruppo editoriale di primaria importanza nazionale. E questa è una garanzia per tutti noi, per i nostri lettori, per la libertà delle nostre testate nazionali, regionali e locali.

Tutto questo per garantire alla Calabria una voce che non si piega, che non urla, che non si vende. Una voce indipendente.