«Il 24 novembre 1959 Cosenza subì la sua ultima violenta alluvione. Attorno alle 19 gli argini del fiume Crati cedettero riversando le acque impetuose sui quartieri della Massa, dello Spirito Santo, di Piazza Valdesi, di via Marini Serra, minacciando non solo le case ma la vita di tanta povera gente». A ricordare l’avvenimento storico accaduto oggi 64 anni fa è Alfonso Morelli del team Mistery Hunters.

«Il Crati è il maggior dei fiume della Calabria per portata d’acqua e statisticamente occupa il terzo posto del Sud Italia dopo il Volturno e il Sele. Il suo nome deriva dal greco Kràtos, Κράτος, che indicava la “personificazione della potenza”. Nasce intorno ai 1700 m. di altitudine, tra Timpune Tenna e Timpune Brunu nella zona chiamata “Craticiellu” (Piccolo Crati), dalle appendici ovest della Magna Sila, nel comune di Aprigliano. La sua lunghezza raggiunge i 91 Km e, dopo che le sue acque aumentano di volume una volta unite a quelle del Busento presso Cosenza, sfocia nel Mar Ionio nel Golfo di Taranto.

Un lungo periodo di maltempo si era abbattuto su tutta la Calabria nel mese di novembre del ’59 e la pioggia eccezionale caduta sulla città bruzia, secondo i dati dei pluviometri in quantità pari a oltre 122 millimetri nelle 24 ore precedenti, aveva gonfiato il Crati ed anche il Busento, arrivato a sfiorare la sede del ponte Mario Martire.

All’imbrunire, una folla attonita di cittadini assistette inerme al nuovo e tragico straripamento del Crati e nonostante tutte le risorse impegnate per la realizzazione degli argini e dei nuovi ponti sui due fiumi, la città fu costretta a fronteggiare un’altra imponente esondazione.

Il Crati era gonfio e trasportava una quantità enorme di sedimenti e di detriti a valle fino a Cosenza, dove subì un’ostruzione al ponte della Massa, detto anche di San Lorenzo, dovuta all’esiguità delle luci del ponte, infatti costruito su tre campane e retto da due piloni centrali, l’iinfrastruttura restringeva parecchio l’alveo in un tratto già particolarmente angusto, nei pressi del complesso di Sant’Agostino. La vegetazione, tra cui anche alcuni grossi tronchi, insieme a materiale di vario genere trascinato via dalla corrente, produsse un effetto diga, provocando lo straripamento. Milioni di litri d’acqua si riversarono nelle aree circostanti.

Rotti gli argini (quello destro in Contrada Caricchio e Casa Donato e il sinistro presso le contrade Caruso e Castagna), straripato sulle altre barriere di contenimento esistenti a monte e all’interno della città, il fiume Crati in piena si riversò a destra nei quartieri posti alle pendici di Colle Triglio e al vallone di Rovito, e a sinistra, lungo il Pancrazio, tra i quartieri dello Spirito Santo e della Massa, per estendersi fino a Piazza dei Valdesi e al primo tratto di Corso Telesio, distruggendo per intero il mercato popolare di Lungo Crati Luigi De Seta e danneggiando l’allora Jolly Hotel, sommergendo d’acqua e detriti anche i vicoli, i bassi e i magazzini, che dopo il defluire dell’acqua rimasero sotto la coltre del fango. Il livello delle acque superò, in alcuni punti, di oltre due metri quello delle strade.

La portata di piena del 1959 fu stimata dal Genio Civile in 450 metri cubi al secondo e quella del Busento in 525. Dai giornali dell’epoca si apprende che il fiume danneggiò 14 bancarelle, 5 officine, 3 calzolai, 6 giornalai, 4 sarti, 60 fruttivendoli, 7 falegnami, 9 barbieri, un arrotino, 2 maniscalchi: quasi l’intera economia dei vicoli che sfamava oltre 500 famiglie.

La stampa riportò anche i ringraziamenti dei cosentini alla Madonna del Pilerio per l’assenza di vittime (i soccorsi ben organizzati e i controlli regolari effettuati per monitorare la variazione del livello del fiume si rivelarono altamente efficaci) e della gara di solidarietà nazionale che si attivò dopo questo tragico evento.

Ma gli effetti più devastanti si manifestarono nelle settimane e nei mesi successivi, iniziò infatti il costante e inesorabile spopolamento di “Cosenza Vecchia”. Nel 1951 la popolazione del centro storico era pari a 30.765 unità su un totale di 57.010 abitanti complessivi. Nel censimento del 1961, era scesa a 19.769 su 78.611: per la prima volta Cosenza vecchia era meno popolosa rispetto alle altre zone del territorio comunale. Oggi solo una persona su sette risiede nel borgo antico».

Foto dall’album di Alfredo Salzano “Alluvione a Cosenza 24.11.1959”