Tentata estorsione a una macelleria di Rende, assolto Fabrizio Provenzano
Fabrizio Provenzano era accusato di aver istigato Mazzulla a richiedere il “pizzo” nei vari esercizi commerciali di Rende. Il tribunale di Cosenza, però, ha accolto le tesi difensive dell’avvocato Riccardo Adamo, rigettando la richiesta di condanna a 8 anni di carcere avanzata dalla Dda di Catanzaro. I pentiti cosentini lo accusano di far parte del
Fabrizio Provenzano era accusato di aver istigato Mazzulla a richiedere il “pizzo” nei vari esercizi commerciali di Rende. Il tribunale di Cosenza, però, ha accolto le tesi difensive dell’avvocato Riccardo Adamo, rigettando la richiesta di condanna a 8 anni di carcere avanzata dalla Dda di Catanzaro.
I pentiti cosentini lo accusano di far parte del clan “Lanzino” di Cosenza, per il quale gestirebbe la vendita del “fumo” a Rende, ma per il tribunale di Cosenza in composizione collegiale Fabrizio Provenzano, per gli inquirenti conosciuto anche come “Maverick”, non ha commesso il reato di tentata estorsione aggravata dal metodo mafioso. E’ la sentenza di primo grado sulla vicenda giudiziaria che in abbreviato aveva prodotto due condanne: quelle di Mario Gatto e Renato Mazzulla. I due, insieme a Provenzano, erano stati raggiunti da un decreto di fermo il 27 maggio 2015, quando la Dda di Catanzaro – sulla base delle risultanze investigative raccolte dal Norm della Compagnia di Rende – decise di ammanettarli Provenzano.
La tentata estorsione ai danni di una macelleria di Rende fu scoperta ascoltando le conversazioni in carcere di Adolfo D’Ambrosio che, parlando con i suoi familiari, venne informato che i titolari dell’esericizio commerciale si sarebbero andati a lamentare con i suoi parenti perché Mazzulla sarebbe andato a chiedergli il “regalo” da portare agli amici, ovvero al gruppo “Lanzino”.
La ricostruzione fatta dai carabinieri di Rende si basava anche su intercettazioni telefoniche ed ambientali effettuate nei confronti di Gatto e Provenzano. I due, secondo l’accusa, avrebbero parlato di quanto stava succedendo fuori e in particolare del fatto che Mazzulla stava facendo solo “mujina”. D’Ambrosio dal carcere – secondo la Dda – mandò a dire al suo “compare” Gatto che la macelleria non si doveva toccare perché erano suoi amici.
Il processo, svoltosi col rito ordinario, ha fatto emergere ben poco rispetto al quadro iniziale e nulla ha aggiunto per arrivare ad una sentenza di colpevolezza anche se il pm della Dda Pierpaolo Bruni ha ritenuto di contestualizzare la presunta condotta illecita di Fabrizio Provenzano nei colloqui in carcere di D’Ambrosio e nelle telefonate intercorse con Gatto. A ciò aggiungiamo che uno dei titolari della macelleria in dibattimento non ha convinto i giudici e la pubblica accusa.
Nel corso della requisitoria il sostituto procuratore antimafia Pierpaolo Bruni ha chiesto 8 anni di carcere per Provenzano, mentre l’avvocato difensore Riccardo Adamo ha spiegato al presidente del collegio giudicante che il suo assistito è innocente perché lo dicono le carte. Non v’è prova della sua colpevolezza, nonostante i collaboratori di giustizia lo inquadrino in un certo modo.
Così dopo una Camera di Consiglio abbastanza breve il tribunale di Cosenza ha assolto Provenzano, inviando gli atti in procura per falsa testimonianza per la presunta vittima. L’imputato, presente in aula, ha accolto con soddisfazione la sentenza. (a. a.)