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Nicola Gratteri, procuratore capo di Catanzaro, si è pentito di aver scritto la prefazione del libro “Strage di Stato – le verità nascoste della Covid-19” scritto dal medico Pasquale Bacco e dal giudice Angelo Giorgianni. Il magistrato reggino ha rilasciato un’intervista a Repubblica, affrontando una questione che tiene banco ormai da quasi un mese, dopo la pubblicazione del Foglio di alcuni passaggi dell’opera letteraria.
Il procuratore Gratteri ha precisato di non essere l’autore del libro «e non rispondo del contenuto, certamente discutibile. La mia prefazione nasce da un abstract non del tutto corrispondente, inviatomi dal collega Giorgianni: in quel testo si faceva esclusivo riferimento alla situazione pandemica e ai riflessi economici e criminali. Nessun riferimento ai vaccini, né a un complotto internazionale a matrice ebraica, secondo categorie culturali utilizzate da negazionisti e no vax, di cui tra l’altro nel libro non c’è traccia».
Omicidi, sequestri di persona e violenze private
Bastava leggere le prime quattro righe del capitolo “Cronistoria di una pandemia” per capire che il libro non poteva essere condiviso da Gratteri che, in questo caso, ha peccato di superficialità. «In questo libro tratteremo di omicidi, di sequestri di persona, di violenze private. Nella consapevolezza di usare le parole come macigni. Lo facciamo per rendere onore alla verità, perché solo la verità può renderci liberi». Quindi, secondo gli autori, chi è morto per Covid è vittima di un delitto, chi sta a casa è da intendersi “sequestrato” e le nostre libertà sono violentate dalle norme anti-Covid. Ripetiamo, bastava questo…
Ma andiamo avanti. I due giornalisti di Repubblica, Alessia Candito e Giuseppe Smorto, entrambi calabresi, hanno chiesto a Gratteri se condividesse le teorie di Bacco e Giorgianni. “Lei si dichiara estraneo a queste tesi?” Ecco la risposta. «Certamente: la prefazione è assolutamente neutra, sarebbe bastato leggerla per escludere ogni collegamento. Nella mia vita di magistrato mi sono tenuto sempre lontano da teorie complottiste, ho cercato sempre prove, non trame. Mi sono vaccinato, ho sollecitato tutti i colleghi e gli amministrativi del mio ufficio a farlo. Tutti i miei familiari sono vaccinati e quelli che ancora non lo sono, per ragioni di età, sono in attesa. Un dato oggettivo, resto distante anni luce da quelle posizioni».
«Ho commesso due errori»
Poi Gratteri ha ammesso di aver commesso due errori: «Eccesso di affidamento e di generosità mal riposta» e spiega che non riscriverebbe quella prefazione «per due ragioni. Primo perché, per motivi che non mi spiego, c’è stata una incredibile strumentalizzazione che mai mi sarei aspettato, ma della quale, anche a futura memoria, devo prendere atto e farne tesoro; secondo perché questo battage mediatico ha solo inasprito di più gli animi». E aggiunge. «Prima di tutto non comprendo quali ulteriori chiarimenti dovrei fornire. Non comprendo come abbiano potuto attribuirmi impostazioni e convincimenti distanti anni luce dalla mia cultura e dalla mia formazione, vista la mia storia, personale e professionale».
«Non comprendo le dichiarazioni rese da autorevoli studiosi del diritto che hanno evidentemente espresso opinioni senza aver letto il libro e, soprattutto, senza aver letto la mia prefazione. Non comprendo perché si concentri su altro anche chi dovrebbe conoscere certe dinamiche: è oggi evidente il rischio di infiltrazione delle mafie in tutti i settori dell’economia. Spero di sbagliarmi, ma sembra quasi che intenzionalmente si voglia spostare l’attenzione su altri temi, soprattutto da parte di amministratori del bene pubblico o aspiranti tali: per me è inaccettabile».
Francesco Merlo, ricordano i due giornalisti di Repubblica «ha parlato di “concorso esterno in pataccheria”. Lei si sente messo in discussione?». Gratteri: «No. Sbaglio, come tutti, ma mai in malafede. Quanto è accaduto mi servirà senza dubbio da lezione. Vi dico una cosa scontata, ma necessaria. La libertà di pensiero, l’eguaglianza tra tutti i cittadini senza distinzione di sesso, razza, lingua, religione o opinioni politiche sono diritti riconosciuti dalla nostra Costituzione, inviolabili e non negoziabili».
La candidatura per la procura di Milano
Nel corso dell’intervista, Repubblica ha riproposto la candidatura di Gratteri per la procura di Milano. «Escludo che la polemica nasca dal timore che io possa concorrere alla Procura della Repubblica di Milano. Un magistrato, come tutti sanno, non può suscitare allarme, agisce solo secondo legalità. Preferisco, comunque, non fare dietrologia». Ma il procuratore capo di Catanzaro non intende lasciare la Calabria, fin quando non avrà portato a termine alcune inchieste e processi in corso. «Sto benissimo a Catanzaro, voglio portare a compimento le attività di lotta alla criminalità organizzata, senza lasciare forze dell’ordine e Sostituti a metà del percorso, non ho nessuna fretta. Valuterò se chiedere Milano, subordinando il mio trasferimento al compimento dei percorsi intrapresi. In ogni caso, mi affiderò in maniera piena ed esclusiva alle sagge valutazioni del Csm, come ho sempre fatto». E spera di vedere realizzata in tempi brevi la nuova procura di Catanzaro, ex ospedale militare.
Le mafie e il Recovery Found
«Il rischio che con la crisi le mafie si sostituiscano allo Stato è altissimo. Proveranno ad accedere a tutte le misure di sostegno, compreso il Recovery Fund. Sfruttano il disagio sociale e da sempre sono pronte a rilevare imprese e attività in sofferenza. Purtroppo è un film già visto, l’assalto delle mafie ai contributi erogati per fronteggiare pandemie e terremoti continua, ormai si è consolidata una sorta di economia e di politica della catastrofe. Ho più volte messo in guardia sui pericoli di infiltrazione, soprattutto in un momento caratterizzato da una crisi che molti paragonano alla Grande Depressione. Mai abbassare la guardia». E infine, tornando al suo futuro professionale, Gratteri chiude così l’intervista. «Ma perché siete concentrati sul mio futuro professionale e non su quello di tanti altri colleghi procuratori in scadenza, anche prima di me e a capo, come me, di Procure medie o grandi? Ad ogni modo, dico sinceramente che non lo so: l’unica cosa che posso dire è che se potessi non lascerei mai la Calabria».