Andrea Mannino, una matita calabrese per Zerocalcare. Dall’Unical al sogno dell’Oscar
L’artista e animatore racconta l’avventura di “Strappare lungo i bordi”. «Sogno di tornare e incontrare gli altri animatori calabresi»
C’è anche la sua mano nella serie del momento. La mano, sì, ma anche gli occhi, il talento di Andrea Mannino, 33 anni, nato a Soriano calabro, cresciuto a Vibo e con alle spalle gli studi di Filosofia da studente dell’Unical. Un globe trotter di Calabria, con tante radici sparse e tutte solide. È diventato un ricercatissimo storyboard artist ma ama rimanere un autore d’animazione indipendente. Quello che Vecchioni chiamerebbe un ragazzo di grandi sogni che corre lontano e non ha intenzione di fermarsi a riprendere fiato.
Il suo nome spicca tra quelli della squadra di animatori di “Strappare lungo i bordi”, la serie Netflix di Zerocalcare, che ha messo la freccia e superato in volata mostri di bingewatching come “Squid Game” e “Narcos”. «È stata un’esperienza incredibile – racconta dal suo studio-casa di Milano -. Mi hanno coinvolto in corso d’opera persone che mi conoscevano e apprezzavano il mio lavoro ed è stato un attimo, ero lì, dentro al progetto».
Che ruolo tecnico hai avuto nella serie?
«Sono stato scelto come animatore cioè, per capirci, ho disegnato ogni singola immagine per dare poi movimento alla scena».
Sembra qualcosa di molto artigianale.
«Hanno scelto una modalità di lavoro ibrida, sospesa tra il digitale e la creatività manuale. È stato usato un software d’animazione molto famoso nell’ambiente a cui si ricorre quando c’è tanto lavoro di pre-produzione e qui ce n’è stato davvero molto».
Il mondo dell’animazione si sta evolvendo, c’è quasi un ritorno al passato, intendo come cura dei dettagli…
«Se fino un po’ di tempo fa le animazioni seriali erano affidate a immagini vettoriali animate solo tramite software, adesso, anche per i cartoni per i bambini, le cose stanno cambiando. Un esempio di animazione totalmente affidata all’informatica era Peppa Pig, creata con semplici spostamenti ma senza profondità né fluidità nel movimento, adesso si sta sta invertendo la rotta, per fortuna».
Nell’opera di Zerocalcare la squadra che ha dato vita alla serie era molto nutrita…
«Eravamo, a occhio e croce, quasi duecento. Spesso ci definiscono pezzi di una catena di montaggio. A me non piace questo paragone, preferisco immaginarci come un organismo. Hai presente il cartone “Esplorando il Corpo umano”?».
È una Bibbia per tutti noi della generazione 90’s…
«Ecco, io immagino noialtri come cellule, muscoli, ossa di un corpo più grande, insieme infondiamo il movimento e la vita».
Ed è un corpo che si muove benissimo, “Strappare lungo i bordi” è un gioiellino.
«È stato meraviglioso far parte di questo progetto, specie per me che ho cominciato da poco. Sono un free lance senza fissa dimora, nel senso che non lavoro per una casa di produzione in modo permanente».
Gli inizi sono sempre in salita, tu quando hai piantato la prima pietra?
«Tutto è cominciato tre anni fa grazie a un mio corto di diploma che è stato selezionato nella short list sia degli Oscar che dei Bafta».
Racconta.
«Dopo aver lasciato la Calabria e l’Unical, che ho frequentato per qualche anno, ho studiato al Centro sperimentale di cinematografia a Torino. Alla fine del percorso si ha la possibilità di presentare l’idea per un corto di diploma. Il mio progetto è passato e ho firmato la regia insieme a Sara Burgio, Giacomo Rinaldi».
Di cosa parla il corto?
«Si chiama “New Neighbours” ed è disponibile anche su Youtube. Ha uno stile che amo molto, ispirato alle animazioni del passato. Subito dopo l’elezione di Trump sviluppai questa storia che racconta di Donald, nazionalista bianco, che non sopporta i vicini di casa di etnia diversa, mentre la sua bimba è entusiasta di avere una nuova amica con cui giocare. Insomma, mentre i grandi si fanno la guerra i bambini rompono le barriere, al solito».
Hai sempre voluto far parte di questo mondo?
«In realtà, per un motivo o per un altro, l’ho quasi sempre schivato. Dopo le medie volevo iscrivermi a un liceo artistico ma poi ho scelto il Classico. Dopo desideravo frequentare l’Accademia delle Belle Arti e invece mi sono ritrovato a studiare Filosofia. Non sembrava destino e invece…».
E invece il destino ti ha scovato dov’eri e ti ha riportato dove dovevi essere.
«Si sono incastrare una serie di circostanze, alcune anche non piacevoli, ma alla fine sono finito a Torino, al Centro Sperimentale di Cinematografia dove è cominciata la mia nuova vita».
E adesso?
«Sono sempre in movimento, penso sempre a quello che verrà. A dicembre parteciperò a Cartoons on the Bay che è il più importante festival d’animazione italiano targato Rai. Sarò nella sezione “pitch” per lanciare ufficialmente un progetto a cui sto lavorando da qualche anno che si chiama “Terra in vista”».
Sa di avventura ed esplorazione…
«È il tentativo di far riflettere, ma a suon di risate, sui cambiamenti climatici ma anche sul senso della misura. È una serie destinata a bimbi tra i 6 e i 10 anni di genere fantascienza umoristica, ambientata sulla Terra in un futuro post-apocalittico. Su Raiplay sarà disponibile dal 3 all’8 dicembre e nel primo week-end dello stesso mese uscirà per lo Zecchino d’oro il lancio dell’animazione che ho realizzato e si chiama “Auto Rosa”».
Chi è il tuo maestro?
«Adoro Bruno Bozzetto, è un genio della sintesi grafica con una capacità incredibile di raccontare in modo conciso anche concetti filosofici, la cosa bella è che spesso fa anche ridere. Lui è insuperabile. Per quanto riguarda l’aspetto grafico, c’è un fumettista che mi ha sempre colpito fin da quando leggevo il Giornalino delle edizioni San Paolo, è Massimo Mattioli, il papà di Pinky».
Un progetto che accarezzi.
«Mi piacerebbe organizzare in Calabria degli incontri per parlare del mondo dell’animazione. Magari lì ci sono animatori che lavorano da remoto e nessuno sa che esistono. Ecco, mi piacerebbe scovarli e dargli la possibilità di uscire fuori, sarebbe giusto, sarebbe ora».