Roberto Presta in ordine temporale è l’ultimo collaboratore di giustizia “fuoriuscito” dalla ‘ndrangheta cosentina. Le sue propalazioni, avvenute dopo la fine dell’udienza preliminare di “Valle dell’Esaro“, hanno inguaiato la posizione dei suoi “ex adepti“, oggi a giudizio davanti al tribunale di Cosenza, in composizione collegiale.

Tra i migliaia di atti della maxi inchiesta sugli arresti a Cosenza, che hanno colpito il cuore della criminalità organizzata cosentina, vi è anche un verbale di perquisizione nei terreni di proprietà della famiglia Presta. Perquisizione nata ad inizio gennaio del 2021, ovviamente, dalle parole del pentito Roberto Presta, rese davanti al procuratore Nicola Gratteri, al procuratore aggiunto Vincenzo Capomolla e al sostituto procuratore antimafia Alessandro Riello, quest’ultimo titolare del processo “Valle dell’Esaro“.

La perquisizione, a cura degli agenti della Squadra Mobile di Cosenza, ha permesso di rinvenire oltre a cinque fucili, 6 pistole, 309 cartucce, anche un artifizio pirotecnico artigianale che per potenzialità è da considerarsi ordigno esplosivo improvvisato, un secchio contenente 1,5 chili di marijuana già essicata, e infine una bomba a mano da guerra, modello F1 di fabbricazione russa.

Cosa servissero queste cose – ordigno e bomba a mano – non è dato saperlo, ma sappiamo che alcune tracce delle dichiarazioni relative a possibili attentati contro magistrati calabresi sono finite direttamente a Salerno, procura competente per il Distretto giudiziario di Catanzaro.