Aziende sull’orlo della crisi. L’avviso di un autolavaggio nel Cosentino: bollette raddoppiate, dobbiamo aumentare i prezzi. E non è il solo
Prezzi al galoppo e materie prime sempre più care hanno ripercussioni su imprenditori e commercianti e a cascata sui consumatori
Un laconico post su facebook accompagnato dagli screenshot dell’ultima bolletta. Il piccolo imprenditore di Francavilla prima di portare un conto più salato ai clienti ha preferito avvisarli con garbo.
«A causa degli aumenti esponenziali di energia – scrive – di materie prime e pezzi di ricambio, al fine di poter garantire la qualità del servizio e dei prodotti utilizzati almeno a livelli sufficienti, siamo costretti a portare il prezzo del gettone da 0,50 centesimi a 1 euro. I tempi di erogazione del servizio saranno, ovviamente, incrementati e ottimizzati in relazione al nuovo prezzo. Si allegano a titolo informativo e di confronto le forniture di corrente elettrica di ottobre 2021 e ottobre 2022». Carta canta: a novembre 2021 la bolletta era di 208,46 euro a novembre 2022 di 565,32 euro. Più del doppio.
Prezzi al galoppo e misure invisibili
Basta uscire di casa, andare al market di fiducia, al negozio di abbigliamento, al grande centro commerciale, al bar per caffè e cornetto, per capire che se da un lato si stringe la cinghia, perché gli stipendi quelli erano e quelli sono rimasti, dall’altro i prezzi continuano a salire creando una bolla in cui tutti rischiano di soffocare per mancanza d’aria. Gli appelli si susseguono da tempo da parte dei rappresentanti del commercio, di quelli dei consumatori, tutti chiedono margini di manovra. Ma ieri era già tardi per intervenire. Imprenditori e consumatori sono bloccati nella stessa panic room blindata, immobilizzati da una situazione economica che guarda al conflitto in Ucraina, ma vede lo zampino di una speculazione che potrebbe non garantire un ritorno alla normalità totale ad asce di guerra seppellite.
Crisi e rossetti
«Si vendono più rossetti, ma perché non ci sono più mascherine». In una profumeria del centro città di “lipstick index” non ne hanno mai sentito parlare. Il termine venne coniato da Leonard Lauder, nel periodo di recessione del 2001. Il presidente di Estée Lauder, aveva notato un’impennata nelle vendite vendite di rossetti (+11%) in piena crisi economica. Una crisi che vede Cosenza tra le prime città ad avvicinarsi al filo del precipizio.
Batoste a ripetizioni
Se ad aprile 2022 la città dei bruzi spiccava fra i centri in cui prendere una casa in affitto costava l’8% in più rispetto al 2021, la vera batosta c’è stata ad agosto. Secondo una ricerca condotta dall’Unione consumatori, Cosenza è risultata la città in cui mangiare e bere costa di più. In termini numerici il rialzo si traduce con un +13,1% in più rispetto a luglio 2021, in soldoni: 847 euro in più in termini di aumento del costo della vita per una famiglia media. Ma la stangata non si è fermata qui. Poco più di una settimana fa l’Unione Nazionale Consumatori ha condotto uno studio stilando la classifica completa delle città con i maggiori rincari annui per quanto riguarda due voci del paniere: cibo e bevande, luce e gas. Elaborando gli ultimi dati Istat relativi al mese di agosto Cosenza spicca fra le città che segna segna un ulteriore balzo annuo, +16%, pari a +1034 euro che ogni famiglia dovrà togliere dal portafogli.
Alle casse scontrini più corti e per feste di Natale niente sprechi
Alla cassa di un supermercato, si controllano gli scontrini per bene. La lingua di carta è meno lunga del solito ma il costo totale no. «Centotredici euro, con questa cifra ci riempivo tutto il carrello, adesso è pieno per la metà». Gli aumenti a Cosenza non sono solo una fredda statistica lontana, ma una mazzata che sta piegando le famiglie più di tante altre in Italia. Così i clienti affezionati delle grandi catene stanno convogliando verso i discount. «La spesa di prima non posso più permettermela e Natale risparmieremo su tutto». E i regali? «Saranno pensierini, e per il resto aspettiamo i saldi».
Eccolo il classico cane che rincorre la coda: c’è chi spera di recuperare sui costi e chi spende di meno impoverendo tutta la filiera. È il prologo di una cosa che si chiama “recessione”, un capitolo che si sperava fosse scongiurato dopo l’effetto Covid. Invece no. Il bello (brutto) doveva ancora venire.
La città più sensibile alla crisi
La cavalcata sui prezzi si giustifica ma fino a un certo punto perché se l’aumento dei prezzi è gonfiato dai rincari su benzina, trasporti, materie prime, certo è che la città dei bruzi è quella più sensibile e la più reattiva: fare la spesa a queste latitudini è quasi una follia, un lusso per pochi. Ristoratori e commercianti del settore alimentare, non ci sono andati piano, e tutto questo ha un effetto a catena spiacevole se non quasi drammatico.
Ampliando il raggio dell’analisi la città dei bruzi è nella lista delle città più care anche per quanto riguarda scuola e istruzione primaria (+5%), servizi di ristorazione (ristoranti, pizzerie, bar, pasticcerie, gelaterie, prodotti di gastronomia e rosticceria), a fronte di un’inflazione annua pari, per l’Italia, a +5,9%, a Cosenza i ristoranti rincarano rispetto a settembre 2021 del 9,9%. Insomma forse i rossetti si vendono di più e non solo per le mascherine che stanno scomparendo.