Mantenere vivo il ricordo di Eugenio Carbone, tra gli stilisti e modellisti più richiesti dalle più importanti case di moda italiane, equivale a trasferire, anche e soprattutto alle nuove generazioni, la conoscenza della sua singolare storia che meriterebbe di essere raccontata anche in un film per quanto è stata unica, intensa, affascinante e carica di un significato profondo.

A farlo, ad una anno dalla scomparsa, avvenuta all’età di 88 anni, è stata la Commissione cultura di Palazzo dei Bruzi, con il suo Presidente Mimmo Frammartino, che ha radunato i familiari di Carbone nella sala consiliare della casa comunale, approfittando anche del fatto che in questi giorni a Cosenza si tiene la “South Italy Fashion Week”, evento a lui interamente dedicato.

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Per chi lo ha conosciuto, l’indole appartata, lontano dai riflettori, propria di Eugenio Carbone, mai avrebbe potuto far supporre che dietro quell’uomo discreto, si celasse un frequentatore, quasi suo malgrado e per ragioni legate alla sua attività, delle dive dello spettacolo, da Mina a Marta Marzotto, da Katyna Ranieri a Rosanna Schiaffino, o dei salotti letterari frequentati da Montale, Ungaretti e Quasimodo. E, invece, la sua storia ha qualcosa di fiabesco e insieme di incredibile. L’ha raccontata, con l’ausilio di un bell’articolo scritto di recente dalla giornalista Alessia Principe, il Presidente della commissione cultura Mimmo Frammartino.

La vita di Eugenio, nato nel 1933 a Mendicino e che perse la figura materna in tenerissima età (aveva appena 10 anni) è stata un continuo rimboccarsi le maniche senza perdere, però, la fiducia in un futuro migliore. Sarà stato questo, probabilmente, a dargli la forza di sopportare anche la vita umile, ma dignitossissima, della sua famiglia, rimasta senza la figura centrale di riferimento. Ma Eugenio non si perde d’animo e carpisce i segreti del mestiere osservando, a volte di nascosto, le donne del paese impegnate a tessere nelle tante filande di cui Mendicino era piena (se ne contavano quaranta). 

La sua esistenza in quel periodo si snoda tra tela, bachi e fili di seta, rapito com’è dalla prodigiosa trasformazione del baco in fibra tessile. Poi si svilupperà partendo dalla bottega del sarto storico del paese, Ernesto Reda. Ed è lì, a soli 14 anni, che incontra l’amore della sua vita, una ragazza, Eleonora, con la quale più tardi convolerà a nozze. Dopo l’apprendistato e dopo aver aperto una sartoria tutta sua a Cosenza, dove si recavano le signore della buona borghesia della città, quando all’età di 30 anni si trasferì a Roma per alcune circostanze particolari, per Eugenio Carbone si materializza la grande svolta: l’incontro con Germana Marucelli, pioniera dell’Alta moda italiana che per prima cominciò ad affrancarsi dalla dipendenza dalla moda parigina.

L’ingresso nella maison di Germana Marucelli rappresenta per Carbone lo spartiacque tra il mestiere di sarto e quello di stilista, disegnatore, creatore di moda, in una parola, di couturier, alla Balenciaga o alla Valentino, tanto per intendersi. E’ in quel periodo che Eugenio crea le collezioni di pret a porter per la Marucelli, vestendo Marta Marzotto, Mina, la cantante Katyna Ranieri (moglie del compositore di colonne sonore Riz Ortolani) e l’attrice Rosanna Schiaffino.

Porta la sua firma persino l’elegante abito nero sfoggiato da Mina che duetta con Totò in un vecchio sketch di “Studio uno”, storica trasmissione della tv in bianco e nero. Si racconta  che quando Mina era così impegnata da non trovare il tempo di passare dall’atelier della Marucelli, a Piazza Mignanelli, era lo stesso Eugenio a recarsi a casa della “tigre di Cremona”, in Largo di Torre Argentina, per la prova degli abiti. Ma la Marucelli aveva anche un altro atelier, a Milano, e qui, in questa specie di salotto artistico-letterario si radunava gente come Eugenio Montale, Giuseppe Ungaretti e Salvatore Quasimodo. E Carbone, quest’ultimo, ebbe occasione di conoscerlo personalmente.

Con Germana Marucelli, Carbone restò fino al 1969, per poi approdare all’atelier delle sorelle Fontana, prima come operaio nella produzione, poi, preso a ben volere da Micol, una delle sorelle, come creatore di modelli per la nota maison nella quale lavorò per oltre 30 anni. Alla cerimonia nella sala consiliare hanno partecipato tutti i familiari più stretti di Eugenio, appositamente venuti da Roma, a testimonianza di un legame forte, radicato e indissolubile: dalla moglie, signora Eleonora, alla figlia Susy, ai nipoti Ginevra e Paolo Davide, al genero Paolo Losito.

Quest’ultimo ha tratteggiato, molto commosso, il ritratto di Eugenio. «Per me è stato un padre e ho avuto una grande fortuna: quella di vivere nella stessa casa. Era geniale e generoso». Questa generosità Carbone l’ha manifestata quando, dedicandosi all’insegnamento nelle scuole, ha brevettato e lanciato un rivoluzionario metodo didattico, grazie al quale ha innovato profondamente gli insegnamenti ancora troppo legati alla tradizione delle scuole di taglio.

L’obiettivo di Eugenio, con il suo metodo esclusivo, ottenuto con la progettazione libera su un manichino appositamente brevettato, è stato proprio quello di trasferire competenze e capacità alle nuove generazioni, in una sorta di passaggio di testimone. Con vantaggi non di poco conto, dai costi, molto più contenuti, ai tempi di realizzazione che risultano notevolmente più brevi. E’ questo il suo lascito migliore ai giovani che intendono ripercorrerne e seguirne le tracce. La storia di Eugenio Carbone sta per essere trasfusa in un libro. Un progetto che sta per vedere la luce e del quale è artefice la scrittrice Daniela Rossi, nipote dello stilista cosentino e che vive attualmente a Padova.

La biografia che Daniela sta scrivendo e della quale ha fornito in Commissione cultura un primo assaggio, una sorta di incipit, è il frutto delle molteplici chiacchierate che ha avuto con Carbone nelle diverse occasioni nelle quali l’ha incontrato, in Calabria, ma anche a Roma e a Fregene, una sorta di buen retiro per Eugenio che molto traeva ispirazione dalla vista del mare. “Eugenio era come tornato bambino – afferma Daniela Rossi – E’ entusiasmante ripercorrerne il percorso esistenziale, intriso di cultura, conoscenza e umanità. Mi piacerebbe molto se fosse un editore calabrese a pubblicarne la biografia”.

A Palazzo dei Bruzi è intervenuta anche Margherita Ricci, assessore del Comune di Mendicino. «Ho riscoperto – ha detto – un grande uomo che non ho avuto il piacere e l’onore di conoscere e che dà lustro alla nostra comunità”. La Moema Academy di Cosenza, rappresentata da Giada Falcone, ha voluto che tutte le manifestazioni della “South Italy Fashion Week”, in corso di svolgimento in questi giorni a Cosenza, ruotassero attorno alla figura di Eugenio Carbone.

A lui è stato intitolato non solo il premio che sarà assegnato annualmente alla creatività di un giovane stilista (la crescita e la formazione delle nuove generazioni di stilisti erano quasi un piacevole assillo per Carbone) ma anche una mostra di quadri incentrata su una selezione di dipinti, opera dello stesso Carbone che, come è noto, ha diviso la sua attività e la sua vita tra arte e pittura.

A tirare le somme dell’incontro, la figlia dello stilista, Susy che emozionata si è rivolta direttamente ai giovani dell’Accademia: “tocca a voi ragazzi. Dateci soddisfazione!”. E subito dopo ha ricevuto dalle mani della consigliera comunale Bianca Rende una targa commemorativa che ricorda il maestro Eugenio Carbone e dove è scritta la motivazione: «Per restituirgli quella visibilità meritata che non ha mai ricercato in vita».