Il pentito Turboli: «Facevo richieste estorsive per conto di Porcaro»
Il collaboratore di giustizia, già condannato in "Testa di Serpente", rivela il modus operandi del clan di cui faceva parte
Dalla lavanderia a gettoni alle richieste estorsive per “conto di”. Il pentito Danilo Turboli, negli unici passaggi non omissati nel primo verbale della Dda di Catanzaro, spiega le sue presunte condotte illecite relativamente ai rapporti di natura delittuosa intrattenuti con Roberto Porcaro, ritenuto dagli investigatori il “braccio destro” di Francesco Patitucci, a sua volta indicato quale presunto capo della confederazione mafiosa operante nella provincia di Cosenza.
Nel primo servizio pubblicato sulla nostra testata, il collaboratore di giustizia aveva spiegato i motivi che lo avevano portato ad aggredire il “falso ragioniere”, dopo aver capito che la presunta vittima non lo avrebbe aiutato ad aprire alcuna attività commerciale. Un fatto degenerato in una violenza aggressione finita agli atti del processo “Testa di Serpente” che, per quanto riguarda il rito abbreviato si è definitivamemte concluso nel mese di febbraio 2023.
Ai magistrati di Catanzaro, coordinati dal procuratore capo Nicola Gratteri, il pentito Danilo Turboli racconta un’estorsione commessa ai danni di un imprenditore: «Con riferimento all’estorsione realizzata ai danni» del soggetto da lui menzionato, «vicenda per la quale sono imputato nel processo “Testa di Serpente“, sono stato io ad effettuare la telefonata minatoria per conto di Roberto Porcaro» il quale gli avrebbe suggerito il nome «al quale veicolare la richiesta estorsiva», consegnandogli «un biglietto con il suo numero di telefono».
Dopo aver effettuato la telefonata, lo stesso Roberto Porcaro mi riferiva che «l’imprenditore “si era messo “a posto” pagando l’estorsione». Turboli infine ha precisato che la presunta vittima «non ha voluto denunciare l’estorsione subita in quanto aveva già deciso di pagare».