Un padre non dovrebbe mai seppellire il proprio figlio. Neanche con il pensiero. A volte, però, capita che la disperazione abbia il sopravvento sull’istinto genitoriale. È in quel caso che si arriva anche a rinnegare il sangue del proprio sangue. Il 24 settembre del 2021 i poliziotti della Mobile che indagano sul giro di spaccio fra Cosenza e la Presila raccolgono un’intercettazione straziante che vale da conferma. Uno degli indagati dell’operazione “Pressing”, Stefano Casole, telefona a un tossicodipendente che gli deve dei soldi. Solo quaranta euro che l’uomo è intenzionato a recuperare a tutti i costi, ma dall’altro capo del filo il debitore non vuole sentire ragioni. «Guarda che chiamo tuo padre» lo avverte Casole. «E chiamalo» replica l’altro in segno di sfida. È il prologo a una conversazione, quella successiva, che si rivelerà drammatica.

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L’indagato, infatti, dà seguito alla minaccia, ma dopo aver messo al corrente l’interlocutore del debito contratto da suo figlio, riceve una risposta spiazzante: «Ascolta, me lo fai un favore? Me lo spari a mio figlio? Se me lo spari, se me lo togli dai coglioni, è un pregio. Preferisco che muoia, te lo giuro, lo preferisco». L’uomo è un fiume in piena. Inveisce contro il suo primogenito – «è un drogato perso, un delinquente» – e rappresenta di guadagnare 500 euro al mese, ma che in tasca gliene sono rimasti solo cinque perché gli altri «se lì è rubati tutti lui». Quindi, prospetta ancora una volta al suo amico quella che a suo avviso è la soluzione migliore: «Ammazzalo, ammazzamelo. Tanto è uno stronzo».

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Casole è scioccato e, dismessi i panni del riscossore, arriva a indossare quelli improbabili dell’assistente sociale. Prima tenta di ammansire quel papà furioso – «Ma no, no…che tuo figlio è buono» – e poi gli suggerisce una strategia d’intervento – «Senti a me, il ragazzo si può recuperare, ci sono le comunità, non deve frequentare gente di merda» – ma quell’altro non vuole sentire ragioni: «Nooo, te l’ho detto: uccidilo. Se lo uccidi ti pago un caffè». Il colloquio si fa via via sempre più surreale: «Mamma mia, mi dispiace – si lamenta l’intercettato – Mi state facendo sentire male, oggi o domani anch’io posso diventare genitore». Dall’altra parte i toni si fanno più meditativi – «Lo so, lo so» – ma è solo un attimo di quiete prima della nuova tempesta: «Mio figlio ci ha rovinato. Lo sai cos’ha detto lo psichiatra? Che ci sotterra. Mia moglie ha pianto per tre giorni. L’unica soluzione è che muore, così noi ci salviamo e siamo tutti contenti».