venerdì,Marzo 29 2024

Barone: «Dopo l’omicidio Taranto giravamo tutti armati per possibili ritorsioni»

Il pentito di Cosenza parla delle armi ritrovate in via Popilia e del delitto avvenuto nel marzo del 2015 al secondo lotto di via Popilia

Barone: «Dopo l’omicidio Taranto giravamo tutti armati per possibili ritorsioni»

Le dichiarazioni di Ivan Barone si concentrano non solo sulla maxi operazione antimafia contro la ‘ndrangheta cosentina ma comprendono reati contestati anche nel processo “Testa di Serpente“. Si tratta di un procedimento che si avvia alle battute finali sempre che il collegio giudicante del tribunale di Cosenza non decida, su richiesta evidentemente dell’accusa, di sentire i due collaboratori di giustizia Ivan Barone e Danilo Turboli allungando così i tempi della sentenza di primo grado.

Leggi anche ⬇️

In riferimento alle propalazioni del neo pentito cosentino Ivan Barone, circa il rinvenimento delle armi in un intercapedine situato nella piazza in cui abitano i componenti della famiglia Abbruzzese “Banana”, lo stesso ha confermato quanto ipotizzato dalla Dda di Catanzaro: «Le armi che sono state rinvenute in via Popilia erano custodite dal gruppo Abbruzzese ed erano nella disponibilità dell’intera organizzazione. Aggiungo che in alcuni episodi io stesso insieme a Marco Abbruzzese ho proceduto alla pulizia e manutenzione di Kalashnikov e del relativo munizionamento. A proposito delle disponibilità delle armi da parte dell’intera organizzazione ricordo un episodio in cui, dopo la lite che è avvenuta in discoteca con il gruppo dei Mignolo, Marco Abbruzzese mi ha consegnato un’arma, proprio perché mi difendessi da possibili ritorsioni da parte dei Mignolo con i quali c’era un contrasto in atto».

Ivan Barone specifica anche il tipo di pistola: «Era una revolver Winchester a tamburo. Voglio precisare che in occasione del ritrovamento delle armi che erano nella disponibilità degli Abbruzzese, veniva rinvenuta anche della sostanza stupefacente di tipo eroina unitamente a dei bilancini di precisione per la pesatura della stessa».

L’omicidio di Antonio Taranto: parla Barone

E qui passiamo al secondo omicidio di cui sarebbe a conoscenza Ivan Barone. Parliamo del delitto di Antonio Taranto, ucciso a fine marzo del 2015 al secondo Lotto di via Popilia al termine di una sparatoria avvenuta nel cuore della notte. Come per l’assassinio di Giuseppe Ruffolo, di cui vi abbiamo riferito in un altro servizio, anche in questo caso conosciamo quasi tutto. L’ultimo aggiornamento è stato di notevole rilievo, ovvero l’assoluzione di Domenico Mignolo stabilita dalla Corte d’Assise d’appello di Catanzaro nel nuovo processo di secondo grado a seguito dell’annullamento con rinvio della Cassazione.

L’assoluzione di Domenico Mignolo

I giudici Fabrizio Cosentino e Domenico Commodaro si sono convinti che Mignolo, già condannato in via definitiva per associazione mafiosa e altri reati fine in “Nuova famiglia“, non è il responsabile dell’omicidio che ha rischiato di far saltare tutti gli equilibri criminali all’interno del clan degli “zingari” di Cosenza. Qualcosa a riguardo l’avevano dichiarata anche i collaboratori di giustizia sentiti nella rinnovata istruttoria dibattimentale ed oggi Ivan Barone, nella parte “non omissata”, conferma quel tipo di versione. «Sempre a proposito della disponibilità della armi da parte dell’intera organizzazione ricordo che a seguito dell’omicidio di Taranto noi circolavamo tutti quanti armati, temendo delle possibili ritorsioni».

Altro non trapela, in quanto è possibile che la Dda di Catanzaro abbia riversato il prosieguo del racconto del pentito in un altro procedimento. Ricordiamo, come già spiegato in un altro articolo, che Ivan Barone la sera dell’omicidio Taranto era presente alla sparatoria insieme ad altri soggetti. Fu inizialmente indagato per favoreggiamento e false dichiarazioni alla polizia giudizaria ma la sua posizione poi fu archiviata dalla procura di Cosenza.

Articoli correlati