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«Gli Abbruzzese di Cosenza si riforniscono dai parenti di Cassano Ionio»

I pentiti parlano dell'asse tra i "Banana" di via Popilia e i cugini della Piana di Sibari. Noblea intanto ripercorre le tensioni con "Strusciatappine"

«Gli Abbruzzese di Cosenza si riforniscono dai parenti di Cassano Ionio»

Anche le dichiarazioni dei collaboratori di giustizia hanno permesso al pm della Dda di Catanzaro Alessandro Riello di venire a capo di un’attività investigativa molto complessa, facendo emergere i veri interessi e le condotte del clan degli “zingari” di Cassano Ionio uniti ai Forastefano e con il supporto economico e logistico della presunta cosca omonima di via Popilia. Insomma, un quadro preoccupante.

I pentiti hanno fornito degli indizi importanti sul traffico di droga. A cominciare da Vincenzo De Rose il quale il 14 agosto del 2017 affermò di essere a conoscenza che, nel capoluogo di provincia, gli stupefacenti del tipo cocaina ed eroina provenissero da Cassano Ionio. «La cocaina e l’eroina viene da Cassano». A dicembre del 2017 sempre De Rose avrebbe rivelato che Antonio Abbruzzese alias “Tonino Banana” e Maurizio Rango sarebbero stati i punti di riferimento per la famiglia Abbruzzese di Cosenza.

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Maurizio Rango era il capo degli zingari e «prendeva le decisioni sul narcotraffico ed aveva i contatti per acquistare la droga dagli appartenenti della famiglia Abbruzzese di Cassano». Qualcosa sul punto l’aveva detta: «So che i fratelli Abbruzzese, detti i “Banana“, si riforniscono di droga nella zona di Cassano Ionio, perché me lo ha riferito Celestino», inteso “Claudio“. Nell’ordinanza si fa menzione anche del collaboratore di giustizia Francesco Noblea, il quale il 13 novembre del 2017, aveva affermato che «i suoi abituali fornitori di stupefacenti erano i fratelli “banana“, ossia “Luigi, Nicola, Tonino e Claudio“» che a loro volta si rifornivano dai “sodali” cassanesi.

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Nel verbale si faceva riferimento anche al fatto che all’interno del clan degli “zingari” di Cosenza si erano create due distinte fazioni: la prima capeggiata da Antonio Abruzzese alias “Strusciatappine“, e la seconda diretta dai membri della famiglia dei “Banana“. Secondo Noblea l’astio si sarebbe creato dal fatto che “Strusciatappine” «acquistava l’eroina a un prezzo di 19 euro al grammo nella città di Napoli, mentre il secondo – ossia quello dei “Banana” – era costretto ad acquistare la stessa tipologia di stupefacente a Cassano Ionio a un prezzo nettamente superiore. Questo era il motivo per cui Marco Abbruzzese alias “Lo struzzo” aveva attentato alla vita di Rocco Abbruzzese alias “il pancione”, quest’ultimo fratello di “Strusciatappine“», vicenda per la quale la Dda di Catanzaro ha chiesto la condanna nel processo “Testa di Serpente“.

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Pure il pentito Giuseppe Zaffonte, nell’interrogatorio reso in data 30 maggio 2019, aveva riferito dell’esistenza del “Sistema Cosenza”, in materia di spaccio di droga, com’era già emerso dal processo “Overture” e confermato dall’inchiesta “Reset“. Nel cosiddetto “Sistema” era inserita «la famiglia “Banana” che, per la cocaina doveva fare riferimento a Roberto Porcaro, mentre per l’eroina poteva approvvigionarsi in autonomia facendola arrivare da Cassano». Zaffonte inoltre aveva spiegato che Luigi Abbruzzese, alias “Pikachu” era il referente del gruppo “banana” e dell’organizzazione facevano parte i fratelli Marco Abbruzzese alias lo “struzzo” ed Nicola Abbruzzese alias “u pacc”, il cognato Antonio Abruzzese, nonché altri come Ivan Barone, Gennaro Presta e Gianluca Maestri.

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Luciano Impieri, invece, il 12 maggio 2018 aveva parlato della caratura criminale di Gennaro Presta. «Credo che ora che è uscito dal carcere Gennaro Presta è lui a comandare degli zingari, so che appena uscito ha chiamato tutti quelli che spacciamo per dire che la droga dovevano prenderla da lui; Presta – aggiungeva Impieri – è in posizione verticistica e so che ha rapporti con gli zingari di Cassano anche perché la droga viene da Cassano e lui porta in testa Dentuzzo», ovvero Francesco Abbruzzese, «nella copiata del battesimo; so che Presta ha la Santa o il Vangelo, comunque la quinta carica di ‘ndrangheta».

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