Narcotraffico a Roggiano, «gli atti del processo Valle dell’Esaro non sono utilizzabili»
L'avvocato Luca Acciardi, difensore di Mauro Marsico, ha sollevato una questione che, qualora fosse confermata, pregiudicherebbe l'esito processuale. Il penalista Locco: «I Presta non possono pagare per il cognome che portano»
La dichiarazione che spiazza un po’ tutti arriva a metà pomeriggio, quando l’avvocato Luca Acciardi, difensore di Mauro Marsico, sostiene che tutti gli atti del processo “Valle dell’Esaro” sono inutilizzabili. Il penalista di Cosenza ritiene che non vi sia nel fascicolo il decreto di proroga delle indagini relativo alla prima fase del procedimento. «Se questo fosse vero capite bene che il processo prenderebbe un’altra piega, se invece lo troverete voi – rivolgendosi al collegio giudicante – allora la mia questione sarà superata». Questione a cui si sono associati tutti gli avvocati che hanno parlato dopo il legale Acciardi.
Il difensore di Marsico, attualmente in carcere per il processo “Reset“, ma ai domiciliari per “Valle dell’Esaro“, ha sollevato altre questioni di merito alla luce della vastità documentale, discostandosi di parecchio dagli altri interventi difensivi. Secondo il penalista con la condotta “aperta”, la Dda di Catanzaro ha evitato il blocco delle indagini e del processo visto che “Valle dell’Esaro” e “Reset” fanno parte della stessa “madre investigativa“.
Processi fotocopia
L’ufficio di procura di Catanzaro nel 2018 aveva infatti separato il reato contestato nel seguente procedimento penale, ovvero della presunta associazione dedita al narcotraffico, con quello di “Reset“, presunta associazione mafiosa riconducibile ai Presta, senza che vi fosse alcuna contestazione di reati fine, dove, ad esempio, Roberto Presta, collaboratore di giustizia, non è stato attinto da richiesta di misura cautelare di cui al capo 1. «Reset e Valle dell’Esaro sono due processi fotocopia, qui abbiamo Marsico con una contestazione grave ovvero di personaggio di spicco dell’associazione, quale presunto autista personale di Antonio Presta e Giuseppe Presta, mentre in “Reset” ha una contestazione differente». Come ha rilevato l’avvocato Franco Locco, nella prima discussione di giornata, anche Acciardi si è soffermato sul fatto che Presta abbia reso dichiarazioni dopo aver ascoltato tutto il dibattimento correggendo le propalazioni fatte durante gli interrogatori con il pm Alessandro Riello.
«Il miglior avvocato di questo processo»
L’avvocato Acciardi ha proposto anche un altro tema. In una delle ultime udienze, quella del controesame di Roberto Presta, il presidente del collegio Carmen Ciarcia, al termine delle domande dei difensori aveva posto diversi quesiti al collaboratore di giustizia, concentrandosi sul presunto pagamento degli “stipendi” agli altri imputati. Presta in quella circostanza aveva risposto in maniera chiara, escludendo che buona parte dei suoi ex presunti sodali ricevesse somme di denaro a titolo “associativo“. «Lei è stata il miglior avvocato di questo processo», ha evidenziato Acciardi, sottolineando che «le dichiarazioni di Roberto Presta sono naufragate in aula, al punto che il pubblico ministero, valutando il suo narrato e le intercettazioni, ha propeso per le ultime sui reati fine».
Un mese d’indagine su Marsico
Marsico, ha detto Acciardi, non è «partecipe di questa presunta associazione e l’unica volta che troverete in auto il mio assistito con Antonio “Tonino” Presta, è quando vanno a comprare un televisore. Circostanza in cui Presta parla sottovoce senza farsi sentire da Marsico». Poi il discorso sui 150 euro che Roberto Presta e Mario Sollazzo avrebbero preteso da Marsico. «E se Mauro non era in grado di dare 50 euro al pentito, poteva mai accumulare 13 mila euro come debito di droga nel giro di pochi giorni?» si è domandato l’avvocato Acciardi. E ancora: «Davvero pensate che rispetto a un guadagno massimo di circa 55mila euro, quando andava bene, così come ha detto Presta in udienza, i presunti associati dovevano dividersi 700-800 euro? Questa è un’associazione?» ha rilanciato Acciardi. L’argomento “temporale” è stato affrontato nell’ultima parte, quando il difensore ha ricordato come Marsico sia stato “attenzionato” dalla Squadra Mobile di Cosenza soltanto per un mese. «Ciò cozza senza alcun dubbio con i principi giurisprudenziali della Cassazione».
Un processo ordinario
Mauro Marsico, inoltre «non ha una piazza di spaccio, probabilmente le sue debolezze lo hanno portato a frequentare per un limitato periodo alcuni ambienti, ma quando parliamo di lui dobbiamo ricordarci che rispetto all’assunto accusatorio sono venute meno tutte le certezze probatorie. Marsico non è presente alla “famosa cena” né viene mai fermato dalle forze dell’ordine con addosso sostanza stupefacente. Insomma – ha concluso Acciardi – chiediamo l’assoluzione e in subordine una riqualificazione del reato. Perché se dobbiamo dirla tutta, questo processo poteva essere sviluppato dalla procura di Cosenza, oggi invece ci troviamo con un’attenzione diversa soltanto perché i principali imputati portano il cognome Presta». Infine, il difensore Acciardi ha escluso la partecipazione di Marsico sia nella presunta estorsione («sono gli “zingari” eventualmente a farla agli altri e non il contrario») che nell’incendio ai danni di Marco Patitucci («la mamma aveva escluso Marsico»).
La posizione di Antonio e Giuseppe Presta
L’avvocato Franco Locco, difensore di Antonio e Giuseppe Presta, ha parlato di mancanza di riscontri alla luce del dibattimento, partendo dal principio del “contradditorio” che l’elemento cardine del processo, sin dagli anni ’90. «Le indagini della Squadra Mobile di Cosenza durano cinque mesi, ma si fa riferimento a luoghi, qualità e quantità imprecisati, sebbene le contestazioni riguardino Cosenza e la zona della Valle dell’Esaro». Il processo si fonda sulla cosiddetta “droga parlata“, ma se «applichiamo le regole del giudizio, già la Cassazione ci dice quali sono i principi a cui attenersi per sostenere l’esistenza di un’associazione come contestata in “Valle dell’Esaro“. Ebbene questi elementi non ci sono, visto che non esiste una base logistica dove gli imputati si sarebbero incontrati per pianificare le loro attività criminali. Quindi non si può parlare di organizzazione permanente e stabile».
Tornando al discorso dei riscontri, l’avvocato Locco ha più volte punzecchiato la pubblica accusa e la polizia giudiziaria. Ha parlato del presunto “doppio fondo” dell’auto di Armando Antonucci («che non è mai stata sequestrata»), di un palo della luce dove sarebbero stati depositati gli ovuli per i pusher («mai oggetto di osservazione dal vivo») e di un casolare di campagna dove i Presta nascondevano, secondo l’accusa, armi e droga («luogo mai perquisito, neanche a notte fonda»).
Stop alle insinuazioni sulle spese legali
Per l’avvocato Locco «Antonio e Giuseppe Presta non devono essere giudicati per il cognome che portano», riferendosi alla parentela con Franco Presta, già condannato all’ergastolo e al 41 bis dal 2012 ad oggi. Il difensore dei due principali imputati ha sviscerato pure la questione del collaboratore di giustizia Roberto Presta: «Si pente dopo aver letto tutto, l’affidabilità soggettiva è tutta da valutare, visto che ha avuto modo di sentire l’istruttoria dibattimentale correggendo il tiro rispetto alle dichiarazioni fatte al pm». Infine, tra i temi proposti al collegio, anche uno molto delicato: «Dico basta a chi sostiene che le spese legali siano una prova per sostenere l’esistenza dell’associazione: l’avvocato è un libero professionista e deve essere pagato, sarebbe grave il contrario, ma ora la misura è colma» ha chiosato Locco che poi ha riferito sull’insussistenza dell’aggravante armata.
Gli altri interventi difensivi
Il primo avvocato ad aprire la giornata è stato il penalista Luigi Caravelli, difensore di Filippo Orsini e Massimo Orsino, che ha ribaltato l’assunto accusatorio con una ricostruzione dibattimentale che, dal suo punto di vista, sovvertirebbe il discorso fatto dalla Dda di Catanzaro in tema di richiesta di condanna, escludendo per entrambi la partecipazione alla presunta associazione dedita al narcotraffico. Mancanza di riscontri oggettivi evidenziati anche dall’avvocato Angela Carnovale, che assiste gli imputati Mario Palermo e Lorenzo Arciuolo, per i quali la Dda di Catanzaro ha valutato prove che nel processo sono state smentite dai fatti. Stesso discorso in punto di fatto e diritto esposto dall’avvocato Pino Fioravante, difensore di Vincenzo Santamaria.
Poi è stata la volta dell’avvocato Francesco Boccia, difensore di Francesco Iantorno, alias “Tarzanicchio“, il quale sarebbe completamente avulso da qualsiasi discorso relativo allo spaccio di droga avendo riportato nel corso del tempo una condanna per armi e l’altra per truffa alle assicurazioni. «Non ci sono intercettazioni che lo riguardano né esiste la prova dibattimentale che il mio assistito gestisca le piazze di spaccio di San Lorenzo del Vallo, Spezzano Albanese e comuni limitrofi». L’avvocato Boccia ha rammentato alla Corte che prima la Cassazione e poi il Riesame ha considerato Iantorno estraneo al presunto contesto mafioso di “Reset“.
Gli ultimi interventi sono stati quelli dell’avvocato Giuseppe Bruno, difensore di Augusto Cardamone e Domenico Cesare Cardamone, per i quali è stata chiesta l’assoluzione per la mancanza di prove rispetto all’esito processuale, dell’avvocato Angiolino Franco, difensore di Antonio Pacifico, il presunto “custode” delle armi dei Presta, ma estraneo alle accuse visto che le perquisizioni durante il periodo delle indagini hanno sempre avuto esito negativo, e dell’avvocato Ferruccio Mariani, difensore di Luigi Gioiello. Il penalista, nonché sindaco di Mongrassano, ha rilevato come il processo non abbia aggiunto nulla rispetto ai fatti che hanno interessato il suo assistito, allorquando i carabinieri lo beccarono con un centinaio di grammi di marijuana. Reato che patteggiò alcuni mesi dopo. «Gioiello non ha fatto parte di alcuna associazione, non riceveva lo stipendio e ha già pagato il suo debito con la giustizia».
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