lunedì,Maggio 13 2024

Caso Bergamini, in aula il grande accusatore di Diego Armando Maradona

Pietro Pugliese è l'ex camorrista che nel 1991 collegò il Pibe de Oro (poi assolto) a traffici di droga, diceva di essere informato pure sui fatti di Roseto

Caso Bergamini, in aula il grande accusatore di Diego Armando Maradona

Le quattro vite di Pietro Pugliese, già capoultrà del Napoli calcio, esponente della camorra, in seguito collaboratore di giustizia e, dulcis in fundo, buon amico di Diego Armando Maradona: era tra gli invitati al suo matrimonio, ma diventerà il suo grande accusatore. Il settantenne arcinoto alle cronache è intervenuto oggi come testimone al processo sul presunto omicidio di Donato Bergamini (18 novembre 1989), vicenda che vede sotto accusa la sua fidanzata dell’epoca, Isabella Internò.

Con lui si è tornati a battere la pista del calcio scommesse. Che fosse questo il movente dell’uccisione del calciatore del Cosenza, l’ex guardia giurata sostiene di averlo appreso sia in carcere da un certo «Abbruzzese» che nell’ambiente dei calciatori partenopei alla fine degli anni Novanta. Era stato già sentito in fase d’indagini, nel 2018, e il suo interrogatorio si era rivelato decisamente tortuoso.

A quel tempo, infatti, Pugliese riuscì a fare solo pochi accenni al caso Bergamini, spostando in modo ripetuto l’argomento sui fatti più o meno torbidi della sua squadra del cuore: lo scudetto «venduto” al Milan nel 1988, la droga che scorreva a fiumi nello spogliatoio azzurro e poi l’import-export di cocaina sulla rotta Buenos Aires-Napoli per cui chiamava in causa El Pibe de Oro e il suo manager dell’epoca. Vicenda, quest’ultima, che nel 1991 è stata anche oggetto di un processo conclusosi con l’assoluzione di tutti gli imputati.

La sua deposizione in aula ha seguito in buona parte lo stesso copione. Tra una divagazione e l’altra, il testimone ha affermato di «aver paura» per la propria incolumità e ha chiesto «garanzie» alla Corte. «Non possiamo offrirle alcuna garanzia, lei deve dirci ciò che sa» è stata la risposta del presidente Paola Lucente. Il suo intervento si è consumato in videocollegamento e per un attimo si è ragionato sull’opportunità di portarlo fisicamente in tribunale in occasione della prossima udienza. Fatto sta che a un certo punto lui stesso ha chiesto di interrompere l’esame, decretando così la propria uscita di scena.

Quella del calcio scommesse è stata una delle tante piste inconcludenti seguite tra il 2017 e il 2019 dalla Procura di Castrovillari, unitamente a quella della droga e della criminalità organizzata. La scelta rimandava a un metodo investigativo quasi unico nel suo genere: escludere ogni movente alternativo per chiudere il cerchio su quello passionale che a loro. Gli inquirenti non ne hanno fatto mistero, tant’è che nelle loro conclusioni messe nero su bianco all’epoca, citano una massima di Sherlock Holmes: «Dopo aver escluso l’impossibile, ciò che resta, per improbabile che sia, deve essere la verità».

Il processo riprenderà con la deposizione in aula della dottoressa Turillazzi, “madre nobile” dell’inchiesta insieme a Vittorio Fineschi. E’ a loro firma, infatti, il parere pro veritate che alcuni anni fa diede l’impulso alla riapertura delle indagini in precedenza archiviate. La dottoressa avrebbe dovuto essere sentita oggi, ma ieri si è ammalata e quindi non era presente in aula. Salvo ulteriori complicazioni, lo sarà alla ripresa dei lavori, il 23 febbraio. E’ il quartultimo testimone della difesa, specchio di un processo che volge ormai alla conclusione.