Scalea, Antonio lascia il posto fisso per seguire le orme del papà pescatore
Antonio Manco, ventiquattrenne di Scalea, si è licenziato dal suo impiego fisso ed è diventato un pescatore per stare vicino ai suoi affetti
Lascia il posto fisso per amore del mare, ma soprattutto quello per il suo papà e per tutta la sua famiglia. È la storia di Antonio Manco, ventiquattrenne di Scalea, che smessi i panni dell’impiegato, ha indossato pantaloncini corti e t-shirt per salpare in mare aperto e stare vicino ai suoi affetti più cari in ogni momento della giornata. La decisione, seppur sofferta, è arrivata dopo un periodo in cui il giovane aveva perso l’entusiasmo e pure il sonno. «Non dormivo più la notte – confessa ai nostri microfoni -, per me l’unico pensiero era il mare». Oggi Antonio gestisce le attività di famiglia, tra cui un lido, e vive con passione la sua nuova vita, che lo porta a stare a contatto con la natura e con la gente. «Bisogna sempre seguire il cuore – dice – poi il resto vien da sé».
Dall’ufficio al mare aperto
Antonio ci racconta la sua storia a bordo della sua piccola imbarcazione, adagiata innanzi alle coste del mare di Scalea, in cui è cresciuto insieme agli otto fratelli e sorelle. «Mi ero diplomato e dopo un po’ sono entrato in un’azienda a pochi passi da casa che mi ha assunto con un contratto a tempo indeterminato e un buono stipendio». Un colpo di fortuna che tanti suoi coetanei rincorrono, anche per tutta la loro esistenza. Antonio prende posto nel suo ufficio, tutto è pulito e ordinato, gli orari di lavoro sono fissi e gli consentono anche di avere molto tempo libero a disposizione. Tutti sono felici per lui; lui, invece, dopo un po’ comincia a sentirsi a disagio e la notte fatica ad addormentarsi. Nel letto di casa sua, con gli occhi sbarrati che fissano il soffitto, pensa al mare, pensa al suo papà e ai suoi fratelli, si chiede dove siano, cosa stiano facendo, il fatto di non essere accanto a loro lo tormenta. Così, un bel giorno, contro il parere di tutti, dice basta e rassegna le dimissioni dal lavoro. «Solo a pensarlo, adesso, mi viene la pelle d’oca». Il suo è un salto nel buio, anche se lui la chiama «una scelta di cuore. Poi tutto viene da sé».
La rinascita
Ed è così che, due anni fa, Antonio comincia la sua nuova vita. «Ho detto a mio padre che era arrivata l’ora di espanderci, di farci conoscere». Oggi la sua giornata prevede la sveglia all’alba, la prima tappa è nello stabilimento balneare di famiglia per sincerarsi che sia tutto a posto, poi si comincia con la pulizia generale e il rifornimento del carburante. Alle 9 in punto, i primi turisti salgono in barca per la prima escursione della giornata. L’itinerario prevede il giro di tutta la costa tirrenica e, ovviamente, il giro intorno all’isola Dino e la visita all’Arcomagno. «Nel nostro piccolo – dice – cerchiamo di valorizzare la nostra terra». Alle 12.30 c’è la pausa pranzo, poi, nel pomeriggio, si ricomincia. E quando il tempo lo permette, lui e il suo papà, da cui non si separa mai, escono al largo per la pesca. Oggi porta avanti le attività di famiglia a tempo pieno e il suo volto è il ritratto della felicità. «I sacrifici di mia madre e di mio padre non devono andare in fumo, perché io sin da bambino ho visto tutti quelli che hanno fatto e che fanno ancora oggi e in qualche modo mi sentivo di ricambiare». Poi lancia un appello ai tanti giovani del posto costretti a credere che l’unica soluzione sia andare via: «Non lasciate la nostra terra, pensateci. Create qualcosa di nuovo, facciamo in modo che il turismo duri sempre di più, non soltanto fino al 31 agosto». Perché la stabilità economica è importante, ma avere un posto di lavoro tra cielo e mare, baciati dal sole e abbagliati dalle bellezze della Calabria, al fianco dei propri cari, non ha paragoni.
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