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La Suprema Corte di Cassazione ha condannato definitivamente due carabinieri in servizio all’epoca dei fatti in provincia di Cosenza per il reato di accesso abusivo ai sistemi informatici della procura di Cosenza, commesso il 16 novembre del 2010. Il processo, in realtà, era già giunto dinanzi agli ermellini che nel primo giudizio di legittimità avevano annullato con rinvio le rispettive condanne di Giuseppe Giordano e Giuseppe Palermo, assolto in precedenza dal reato di rivelazione del segreto d’ufficio.
Il 16 novembre 2010, infatti, il brigadiere Giuseppe Palermo aveva compiuto un accesso non autorizzato al sistema Re.Ge della Procura della Repubblica di Cosenza per verificare se il maresciallo Giuseppe Giordano risultava iscritto al registro indagati di quell’ufficio giudiziario. La circostanza era stata ammessa dallo stesso ufficiale dei carabinieri Palermo in sede di interrogatorio ed era stata confermata dalla funzionaria di cancelleria Caporaso.
Secondo la difesa di Giuseppe Giordano, che aveva chiesto l’annullamento della sentenza impugnata, non era stato verificato il coinvolgimento nel fatto della funzionaria Caporaso, dalla cui postazione era stato effettuato l’accesso né si era tenuto conto che al maresciallo Giordano era stato poi riferito, contrariamente al vero, che a suo nome non risultavano iscrizioni. In ogni caso, il reato era ormai prescritto.
Per la difesa di Giuseppe Palermo, invece, era evidente un difetto di motivazione del giudizio di colpevolezza, in quanto, da una parte, l’incertezza in ordine al materiale esecutore dell’accesso abusivo riguarda anche la posizione di Giordano, che aveva avuto contatti solo con il brigadiere Palermo, e, dall’altra, il coimputato si era limitato a riferire che Giordano gli aveva chiesto se una certa indagine lo riguardasse. Inoltre, per l’avvocato di Palermo, insussistente era la circostanza aggravante di cui all’art. 615-ter, comma 2 n. 1, cod. pen., in quanto la richiesta fatta da Giordano aveva avuto ad oggetto l’esito di un procedimento penale che non era più nella fase delle indagini preliminari.
La Cassazione, tuttavia, ha dichiarato inammissibili i ricorsi presentati da Palermo e Giordano, condannandoli entrambi a due mesi di reclusione.