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Droga a fiumi a Cosenza. Tra quella sequestrata dalle forze dell’ordine e quella che sfugge ai controlli, il traffico di sostanze stupefacenti nell’hinterland cosentino è davvero notevole. Già dalle inchieste “Job Center” e “Apocalisse” si capiva come si muovevano i sodalizi criminali, uno riconducibile a Celestino Abbruzzese, detto “Micetto” e Anna Palmieri, l’altro capeggiato da Marco Perna. Inchieste finite con pesanti condanne. E non solo.
Dopo la sentenza definitiva “Job Center”, Celestino Abbruzzese e Anna Palmieri, si sono giocati la carta della collaborazione con la giustizia, fornendo ulteriori elementi indiziari alla Dda di Catanzaro. Uno degli esponenti della famiglia “Banana” di via Popilia, nell’inchiesta antimafia sugli arresti a Cosenza, ha raccontato particolari inediti agli investigatori, circa l’andamento delle “partite” di droga non pagate. Situazioni in cui il debitore rischia grosso e per evitare guai peggiori, l’uccisione come extrema ratio, intervengono i “parenti criminali”. Così è successo anche a Cosenza.
Arresti a Cosenza, il “Sistema” anticipato da Zaffonte
Come funziona il “Sistema” della droga a Cosenza? Lo ha spiegato già il pentito Giuseppe Zaffonte, quando la Dda di Catanzaro, anticipando i temi dell’ultima indagine, aveva messo in chiaro i passaggi sul traffico di droga, nell’operazione “Overture“. Come emerge da un altro servizio pubblicato su Cosenza Channel, era proprio “Sistema” il nome dell’operazione, se non fosse stata introdotta la norma sulla presunzione d’innocenza. E il “Sistema” agiva e agisce secondo regole ferree, che tutti devono rispettare. Altrimenti le questioni vengono risolte in altri modi.
Tutti possono spacciare a Cosenza, purché si passi dai broker giusti e autorizzati. Tra questi vi sono alcuni esponenti della famiglia Abbruzzese, una buona parte degli italiani, vedi anche il coinvolgimento di Roberto Porcaro nell’operazione “Crypto” della Dda di Catanzaro, e altri gruppi che formalmente ancora non sono del tutto emersi dalle carte dell’inchiesta sugli arresti a Cosenza. Chi prende la “roba” sottobanco è costretto a versare una quota nella “bacinella comune” e se non lo fa viene punito.
Arresti a Cosenza, il “non detto” dell’ultima indagine antimafia
Nel “non detto” dell’indagine della Dda di Catanzaro, che ha retto dinanzi al Riesame di Catanzaro, sia per quanto riguarda l’associazione mafiosa che per il narcotraffico, emergono storie di vita reale che illustrano nel bene o nel male cosa succede in strada. Il racconto, con dovizia di particolari, è di Anna Palmieri, moglie di Celestino Abbruzzese. La donna, collaboratrice di giustizia, davanti al magistrato Giuseppe Cozzolino, applicato alla Dda di Catanzaro, per il procedimento in corso nella fase preliminare, ha svelato altri “canali“, evidenziando come in un caso, per un debito non pagato a uno dei cosiddetti “italiani” sono stati costretti ad intervenire, tutelando l’incolumità del loro parente. Vicenda, a dire della pentita, che si concluderà con il pagamento della somma e il superamento dei contrasti che, in caso contrario, sarebbero potuti sfociare in altro.