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Roberto Porcaro, un boss pentito. Il nuovo fronte investigativo della Dda di Catanzaro parte dalle dichiarazioni dall’ex “reggente” della cosca degli italiani, riconducibile alla figura storica di Ettore Lanzino. Porcaro, come spiegato in un altro servizio, può davvero disarticolare la ‘ndrangheta cosentina, già indebolita dall’operazione “Reset“. I pm antimafia, metaforicamente parlando, hanno in mano la carta vincente. Perché Porcaro, non avendo quasi mai fatto tanti anni di carcere, è sempre rimasto libero. Almeno fino al 2019, quando a dicembre la Dda di Catanzaro lo aveva fermato (e poi arrestato) per l’inchiesta “Testa di Serpente“. Circa tre anni ininterrotti di carcere, quasi una novità per uno che veniva dipinto dai pentiti come il “capo” criminale di Cosenza.
Porcaro infatti aveva ottenuto lo scettro di “reggente” degli italiani dopo l’arresto di Francesco Patitucci, avvenuto il 19 febbraio 2016. Per tre anni quindi ha preso in mano la ‘ndrangheta cosentina, alleandosi di fatto con gli “zingari” di Cosenza. Nello specifico parliamo della famiglia Abbruzzese “Banana”. Il suo punto di riferimento era Luigi detto Pikachu, ritenuto dalla Dda di Catanzaro il “reggente” del gruppo, a seguito della carcerazione del padre Fioravante. Porcaro si era creato un sodalizio tutto suo, avvicinando ragazzi che aveva conosciuto dal 2014 in poi, come nel caso di Danilo Turboli, con cui condivideva il condominio. Insomma, Porcaro era criminalmente ambizioso. E la sua scalata sarebbe partita proprio dall’omicidio di Giuseppe Ruffolo, commesso a Città 2000 nel settembre del 2011. Solo un anno prima di questo evento di sangue, il neo pentito di Cosenza effettuava chiamate estorsive ai danni di commercianti e imprenditori della zona per conto degli italiani.
Omicidio di Giuseppe Ruffolo, cosa racconta Luciano Impieri
Il pentimento di Roberto Porcaro fanno tornare in auge, per forza di cose, le propalazioni di Luciano Impieri. «A proposito dell’omicidio di Pino Ruffolo, un bravo ragazzo che lavorava sempre, intendo precisare che Salvatore Ariello, a gennaio di quest’anno, appena uscito dal carcere venne a casa mia e mi ha detto che c’erano dei contrasti tra lui e Roberto Porcaro» afferma il “piccolo Patitucci“, così veniva definito dagli amici criminali di un tempo. «Quest’ultimo aveva problemi anche con Antonio Illuminato, che era stato allontanato. Ariello – aggiunge Luciano Impieri – a questo proposito disse che prima Porcaro gli aveva fatto fare “le cose” e poi lo aveva allontanato, così come aveva fatto con Massimo D’Elia e, quando gli ho chiesto a cosa si riferisse, con riferimento a D’Elia ha mimato la pistola e mi ha detto all’orecchio che aveva ucciso Pino Ruffolo, ha poi aggiunto che Roberto Porcaro, per questa cosa, si è andato a prendere i meriti con Ettore Lanzino, dicendo che era stato lui a compiere l’omicidio personalmente e invece sono stati Massimo D’Elia, con Antonio Illuminato che è andato a fare il prelievo del killer» dichiara Impieri.
«Quanto alle ragioni dell’omicidio, Ariello mi disse che era stato per l’usura che Ruffolo faceva, mentre Lanzino voleva che questa attività la facesse per lui, per questo Porcaro è andato a prendersi i meriti con Lanzino; prima Illuminato, Porcaro e Massimo D’Elia erano sempre insieme e facevano parte del gruppo di Porcaro, con Massimo D’Elia che spacciava per lui; non sono a conoscenza del fatto se Massimo D’Elia era stato sparato in precedenza».