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Udienza lunga quella odierna nel processo che deve accertare (o meno) la responsabilità penale di tre guardie penitenziari del carcere di Cosenza, accusate di aver favorito gli esponenti dei clan mafiosi cittadini. Terminati i testi dell’accusa, nella seduta processuale del 17 febbraio si è svolto l’esame dell’imputato Giovanni Porco, assistito dall’avvocato Cristian Cristiano.
Nel corso dell’escussione, l’ex agente penitenziario ha escluso qualsiasi addebito circa i fatti contestati dalla Dda di Catanzaro, fornendo al collegio giudicante, presieduto dal presidente Carmen Ciarcia, la sua versione dei fatti. Porco ha dichiarato che durante le ore in cui prestava servizio gli è capitato più volte di redarguire i detenuti che gridavano all’interno delle celle, ma non era possibile identificare con precisione l’autore, in quanto la struttura della cella impediva un riconoscimento rapido. Porco, come gli altri suoi colleghi, avevano circa 18 celle ciascuno da controllare. Ha smentito quindi qualsiasi tipo di collusione con i detenuti, ammettendo che in alcune circostanze sono stati ritrovati degli involucri contenenti sostanze stupefacenti che sarebbero arrivati in carcere attraverso le mura di cinta dell’istituto penitenziario situato in via Popilia. (IL PENTITO DE ROSE ACCUSA NOBLEA)
Giovanni Porco ha chiarito, inoltre, di non aver mai portato telefoni cellulari in carcere – circostanza per la quale venne coinvolto in un’indagine della procura di Cosenza un altro suo collega, di cui ha fatto il nome su richiesta dell’accusa – né alcolici. Secondo quanto dichiarato da Porco i controlli erano ai massimi livelli ed era impossibile che entrassero queste cose. Infine, ha spiegato di aver sempre assunto un atteggiamento molto rigido con i pentiti che lo accusano e questo ritiene che abbia fatto scattare nei suoi confronti una vendetta. In conclusione ha evidenziato di non aver mai ricevuto soldi e di poter documentare tutti i movimenti contabili avvenuti in quegli anni.
Nella prossima udienza saranno sentiti altri testimoni della lista testi della difesa, tra cui alcuni membri della ‘ndrangheta cosentina e agenti di polizia penitenziaria, che hanno lavorato insieme a Porco, Luigi Frassanito e Franco Caruso. Nel collegio difensivo ci sono anche gli avvocati Filippo Cinnante, Gaetano Maria Bernaudo e Francesco Boccia.