Uno dei filoni dell’inchiesta che ha sconvolto la Cittadella regionale offre, tra le pieghe di un’informativa della Guardia di finanza, anche un piccolo manuale di realpolitik ai tempi di Roberto Occhiuto. Colloqui intercettati nell’ufficio del governatore, al decimo piano del Palazzo dei calabresi, nei quali – è inevitabile – si parla di nomine, provvedimenti, equilibri amministrativi che sono anche lo specchio dei rapporti politici.

La richiesta elettorale: dire che la mobilità passiva è calata

La registrazione è la numero 21328 e il “bersaglio” è indicato come “Ufficio Regione Calabria piano 10°”. È lo “studio ovale” di Germaneto, la stanza in cui si prendono le decisioni strategiche. Il 9 maggio scorso assieme a Occhiuto ci sono Gandolfo Miserendino e Kyriakoula Petropoulacos, due tra i più alti dirigenti della sanità calabrese. Né l’uno né l’altra sono coinvolti nell’inchiesta. Si parla ovviamente di conti e questione strategiche che riguardano il pianeta salute e i finanzieri ascoltano da un po’. A un certo punto Occhiuto fa una riflessione che pare anche una richiesta ai dirigenti.

Il governatore ha bisogno di arrivare alle elezioni mostrando un dato di importanza fondamentale, cioè l’abbassamento della mobilità passiva di 10-12 milioni di euro. È un’esigenza di centrale importanza per il settore sanitario, che spera di frenare i viaggi della speranza dei calabresi verso le regioni del Nord. Ma è anche, pare, una vittoria politica da rivendicare in campagna elettorale. Certo, in quel momento il voto è ancora lontano perché l’inchiesta della Procura di Catanzaro è ancora coperta da segreto e Occhiuto, ovviamente, non si è ancora dimesso. Ma l’esigenza risuona chiara al decimo piano della Cittadella: uno dei punti chiave della campagna elettorale sarà il freno posto alla migrazione sanitaria.

Il caso della dialisi privata a Reggio

Occhiuto e i “suoi” dirigenti parlano poi del tetto di spesa posto ai privati: Petropulacos sciorina cifre che mostrano come quel tetto sia stato superato. Poi il discorso si sposta su un’altra questione sulla quale si concentra, in parte, il lavoro della Guardia di finanza. Si tratta di una delibera che, nella sanità reggina, avrebbe ridotto i posti in dialisi del Grande ospedale metropolitano per aumentare quelli sul territorio. È una storia sulla quale, così si intuisce dalle trascrizioni, c’è uno scontro interno: la delibera non sarebbe stata condivisa da una manager dell’Asp e, dettaglio molto spinoso, prevederebbe l’aumento di 21 posti letto nel Reggino, dove ci sarebbe un centro dialisi privato bloccato, in quel momento, perché i costi in regime non convenzionato sono insostenibili. Petropulacos chiede di rallentare per comprendere meglio la situazione: il rischio è quello di ridurre i posti letto pubblici per aprire un nuovo centro privato, bisogna essere sicuri che si possa fare. È qui che la faccenda si incrocia con i movimenti di Antonino Daffinà nella sanità (ve ne abbiamo parlato ieri): quel centro privato, che attende da tempo di essere attivato, è riconducibile a una società di cui il sub commissario alla depurazione cura i conti nella sua veste di commercialista. È lui a seguire la pratica in Regione, quantomeno chiedendo novità ai dirigenti apicali per riferire poi all’imprenditore.

Le richieste della Lega sull’Aterp

Stesso bersaglio, giorno diverso: nell’ufficio del governatore, il 5 maggio, qualche minuto prima delle 15 le microspie degli investigatori captano una conversazione tra Roberto Occhiuto e l’assessore Giovanni Calabrese. Calabrese è totalmente estraneo all’inchiesta: lo scambio di battute con il presidente della Giunta aiuta a capire come vadano le cose nelle stanze del potere, quali siano le tensioni e le richieste dei partiti. È un dietro le quinte politico significativo, soprattutto in questa fase, con la Calabria che si appresta a vivere una nuova campagna elettorale in cui le frizioni – anche tra alleati – non mancano.

Torniamo nello “studio ovale” di Germaneto: l’argomento è l’Aterp, le richieste per la nomina di un direttore amministrativo arriverebbero dalla Lega. Dalla parlamentare Simona Loizzo, per la precisione, stando al colloqui intercettato. Si capisce che Occhiuto non gradisce le sollecitazioni degli alleati. La persona che gli viene proposta, pur essendo amico di suoi amici, non gli piace. Eppure – così spiega al suo assessore – i nazionali della Lega gli chiedono di accontentare Loizzo in qualche modo. Va così in politica: hai voglia a parlare di meritocrazia, qualche concessione bisogna pur farla. Non pare questo il caso, però: il manager sponsorizzato (stando all’intercettazione) dalla Lega non passa. Si percepisce comunque che attorno alle nomine ci sono giri infiniti di telefonate e tutti i maggiorenti della coalizione vogliono mettere bocca. Non soltanto loro: nelle conversazioni tra Occhiuto e Calabrese spunta il nome di Antonino Daffinà. Anche lui avrebbe qualche suggerimento anche se è lo stesso governatore a dire che «non c’entra niente con queste cose». Il senso del discorso è tutto in una frase del presidente della Giunta regionale: si tratta di reggere l’assalto dei partiti ma bisogna farlo con l’intelligenza. E dunque qualche concessione va pur fatta.

La conferma di Alfonso Grillo al Parco delle Serre

Da una nomina all’altra: stessa stanza, altro settore. Il 6 marzo si parla di Alfonso Grillo (indagato in uno dei filoni d’indagine aperti dalla Procura di Catanzaro) che aspetta da tempo una conferma al vertice del Parco delle Serre. Grillo viene ricevuto da Occhiuto assieme all’assessore Calabrese. Il governatore crede che la nomina dell’ex consigliere regionale del Vibonese sia opportuna: ha lavorato bene. I tempi però, così spiega, dipendono da Filippo Mancuso, presidente del Consiglio regionale. Grillo sostiene che il commissariamento è scaduto e il pallino sarebbe in mano alla Presidenza della Giunta. Ci sono problemi procedurali: Occhiuto spiega che proverà lui a parlare con il presidente di Palazzo Campanella, con il quale c’è un buon rapporto. Il giorno successivo avviene una conversazione con Mancuso che, in effetti, verte sul futuro del Parco delle Serre. Occhiuto mostra all’alleato leghista il telefono: lui a Grillo non ha mai risposto e quello si è messo in testa che avesse qualche preclusione nei suoi confronti chiedendogli un chiarimento il giorno prima. Chiede a Mancuso di risolvere la questione in qualche modo e si spazientisce: «Gestiscila come c… ti viene».

Nomina con riserva prima dell’assoluzione in Rimborsopoli

Il discorso torna il 25 marzo, sempre nella stanza “bersaglio” delle indagini della Guardia di finanza. Questa volta c’è da decidere per la conferma di Grillo e Mancuso legge le parole «richiesta 4 anni e 3 mesi», riferendosi alla requisitoria dei pm di Reggio Calabria nel processo Rimborsopoli, nel quale il commissario del Parco delle Serre era, in quel momento imputato. Sarà assolto «perché il fatto non sussiste» ma in quel momento regna l’incertezza: il presidente del Consiglio regionale propone di nominare Grillo per sei mesi o comunque fino alla nomina del presidente. Un’altra proroga, dunque, per sopire le lamentele. Va bene la meritocrazia, va bene tirare dritti per la propria strada. Ma senza la realipolitik non si governa. E Occhiuto conosce bene le regole.