Due settimane prima di essere rintracciato a Rose, il primo febbraio del 2019, l’allora latitante reggino Francesco Strangio ha fatto anche una capatina a San Lucido. Un raid notturno il suo, finalizzato a un incontro con un Pietro Calabria che in quell’occasione, però, ignorava di avere davanti a sé un ricercato dalla Legge. Malgrado ciò, per la Dda l’episodio segna «un momento di riconoscimento del livello criminale dei Calabria, visti come soggetti in grado di interloquire con affiliati ad altre cosche e punti di riferimento per il traffico di droga».

A certificare il suo rapido passaggio dalla località tirrenica, mentre fervono le indagini di “Affari di famiglia”, sono le telecamere dei carabinieri puntate sull’abitazione di Calabria e di suo cognato Andrea Tundis. Strangio arriva col favore delle tenebre, a bordo di un’auto e in compagnia di due persone. Una di loro è il gancio che gli ha procurato l’appuntamento con Calabria.

Nell’appartamento c’è l’ormai famigerata “cimice” che in seguito farà le fortune degli investigatori, ma quella sera il gruppetto si trasferisce in un’ala della residenza più nascosta. E così, la conversazione sfugge all’orecchio indiscreto dei militari. Il giorno successivo, i padroni di casa riprendono l’argomento anche se solo di striscio. Calabria rievoca la richiesta pervenutagli la sera prima a proposito di un non meglio precisato «materiale» e Tundis gli fa eco con una battuta: «Cemento!». Da ciò, gli investigatori deducono che l’ex primula, specialista proprio in narcotraffico, abbia discusso con loro di una fornitura di droga.

Pietro tornerà a parlarne il 15 febbraio 2019, quando finalmente apprende l’identità del suo vecchio ospite. «Se me lo trovavano qua!» dice tra una bestemmia e l’altra all’indirizzo della persona che l’aveva portato da lui senza rivelargli chi fosse realmente.

All’epoca del suo arresto, Francesco Strangio era latitante da circa un anno e doveva scontarne quattordici in carcere per traffico internazionale di stupefacenti. Contiguo all’omonima famiglia di ‘ndrangheta sanlucota, viveva nascosto in un appartamento di contrada Petraro, a Rose, e aveva con sé anche tre chili di cocaina. Le indagini sui suoi fiancheggiatori e su chi potrebbe averne favorito la latitanza, sono ancora in corso e dal primo settembre del 2022, tutti gli atti investigativi relativi a questa vicenda sono confluiti nell’inchiesta antimafia “Reset”.

Il sospetto, infatti, è che Strangio abbia goduto dell’appoggio di uomini fedeli a Michele Di Puppo e, soprattutto, che il Cosentino non fosse per lui solo una tappa intermedia, ma un punto d’arrivo. A tal proposito, si ritiene che vi fosse la sua regia dietro una maxipiantagione di marijuana sequestrata a Lattarico dai carabinieri proprio nel periodo della sua permanenza in zona. Anche su quel fronte, le indagini sono ancora aperte.