Riceviamo e pubblichiamo la nota inviata dall’avvocato Giuseppe Di Renzo, difensore di Pietro Verdelli, indagato nel procedimento “Imponimento” per i reati di concorso esterno in associazione mafiosa e rivelazione del segreto d’ufficio aggravato dall’ex articolo sette.

Scrivo in nome e nell’interesse di Verdelli Pietro, mio assistito, a chiosa e specificazione di quanto riportato in data 22.07.2020, in merito all’operazione denominata convenzionalmente “Imponimento”, comunque fedelmente riproduttivo del fermo emesso dalla Procura Distrettuale di Catanzaro.

Preliminarmente si intende segnalare che Verdelli Pietro non ha alcun rapporto di amicizia con tale Monteleone Nicola Antonio, non avendo mai avuto frequentazione alcuna o rapporti vagamente riconducibili al concetto di “amicizia”. Ancora, nelle captazioni intercettive (Verdelli non colloquia, né è direttamente intercettato) non viene mai fatto riferimento al Verdelli essendo rinvenibile il solo nome Pietro. (LEGGI QUI LA NOTIZIA).

Di intuitiva evidenza che il Verdelli non è l’unico agente di Polizia in Italia (ma anche restringendo il campo alla realtà territoriale) ad avere il nome Pietro. Il Verdelli non ha mai posseduto (direttamente o indirettamente) l’utenza telefonica nell’asserzione a lui riconducibile, elemento cardine della identificazione. La mera millanteria ad opera del Monteleone non può essere considerata elemento idoneo a fondare la responsabilità penale del chiamato.

Si segnala, infine, che nel rispetto dell’attività dell’organo inquirente (ed in perfetto spirito collaborativo) il Verdelli ha avanzato, a mezzo dei suoi difensori, richiesta di presentazione spontanea per rilasciare interrogatorio, al fine di dare utile contributo all’evoluzione delle indagini e a totale chiarimento della sua posizione. Il Verdelli stimato appartenente alla Polizia di Stato dimostrerà agevolmente la propria estraneità ai fatti, disponendo di destrutturanti elementi difensivi. Tanto si doveva.