Una serata danzante in un bar interrotta dal fragore di un colpo di pistola e un trentatreenne che cade a terra ferito e in una pozza di sangue. Sono gli ingredienti del fattaccio avvenuto a Diamante il 25 ottobre del 2015 e che, nove anni dopo, rientra ufficialmente nel novero dei casi insoluti. Alle assoluzioni di Mattia De Rose e Alberto Novello, individuati nell’immediatezza come autori della sparatoria, si è aggiunta nelle scorse ore quella del trentaseienne Dimitri Bruno decretata dal Tribunale di Paola presieduto da Salvatore Carpino.

Bruno era sospettato di aver fornito l’arma ai pistoleri del bar e di averli poi aiutati a lasciare il locale a bordo della sua autovettura, ma le accuse contro di lui non hanno retto il peso del dibattimento in aula. Non a caso, in coda al processo, a sollecitare un verdetto favorevole all’imputato è stata la stessa Procura.

Il fatto

Quella sera la vittima viene colpita alla gola da un proiettile calibro 6.35 esploso da distanza ravvicinata. Riuscirà a salvarsi dopo essere rimasto per un po’ di tempo sospeso tra la vita e la morte. Nella sera incriminata, diversi avventori del locale lo vedono discutere in modo animato con Novello e De Rose nei pressi dell’antibagno, ma a dramma consumato, nessuno testimonierà contro di loro. Anche la vittima, dal canto suo, riferirà di non aver visto in faccia il pistolero.

Proprio il silenzio risulterà determinante per arrivare al primo verdetto assolutorio, ma in Appello, la collaborazione con la giustizia di uno dei due imputati – Novello – sembra far sì che il caso si avvii a una rapida soluzione. Non sarà così perché in quella sede, per una serie di tormentate questioni procedurali, il pentito rende dichiarazioni che potranno essere utilizzate solo contro di lui. E che peraltro certificano la sua estraneità ai fatti.

Secondo Novello, infatti, la discussione quella sera nasce per divergenze legate allo spaccio di droga sulla costa tirrenica cosentina, ma si tratta di una vicenda destinata a restare sullo sfondo. A suo dire, gli eventi precipitano perché la vittima rifila due schiaffi a De Rose e quest’ultimo, per tutta risposta, in un impeto di rabbia, avrebbe estratto la pistola e fatto fuoco contro di lui.

In tutto ciò, Bruno non avrebbe avuto alcun ruolo se non quello di vendere in precedenza l’arma all’imputato. Tuttavia, mentre De Rose e Novello risolvono in modo rocambolesco le loro partite giudiziarie, si registra anche il suo coinvolgimento. Un altro pentito, Francesco Noblea, riferisce infatti di aver appreso dalla sua viva voce le circostanze che in seguito porteranno alla sua incriminazione.

Noblea lo afferma agli albori della sua collaborazione, ma chiamato in aula a rinverdire il racconto, sarà foriero di imprecisioni e dettagli contradditori che minano alle basi la sua credibilità. A dargli la stoccata finale, poi, sarà poi il difensore di Bruno, l’avvocato Giuseppe De Marco, depositando agli atti il provvedimento di revoca del programma di protezione all’ormai ex collaboratore di giustizia Noblea.