Il dirigente dell’assemblea nazionale del partito chiede una riflessione rigorosa sulla crisi del partito in Calabria: «Tre sconfitte in cinque anni, serve autocritica e fine dei recinti di potere»
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A dieci giorni dal voto delle regionali in Calabria, ci si continua ad interrogare sulle ragioni che hanno determinato la pesante sconfitta del centrosinistra. A sentire i commenti di alcuni dirigenti del partito, che hanno avuto responsabilità di direzione e sono stati tra gli artefici principali delle scelte compiute in questi anni, c'è da rimanere increduli e allibiti.
In sostanza, costoro sostengono l’ineluttabilità della sconfitta, soprattutto per i tempi ristretti dettati dal Presidente uscente. Credo che appaia ai più come una loro ingiustificata quanto palese impotenza, soprattutto per quanto non è stato fatto o è stato fatto male. Su ciò non mi dilungo, anche perché lo stanno facendo pubblicamente tanti altri.
Piuttosto, di fronte a questa argomentazione, mi sono tornate alla mente le tue parole pronunciate circa un anno fa, in occasione di una tua presenza in Calabria, e rimaste completamente inascoltate dagli stessi che ora piangono sul latte versato, piuttosto che fare autocritica della loro miopia e superficialità.
Mi riferisco a quell’11 ottobre del 2024, quando sei venuta in Calabria, a Mormanno, agli Stati Generali della Montagna. Ricordo con quanta determinazione ti sei rivolta al gruppo dirigente del Pd calabrese, sollecitandolo a delineare da subito il percorso di una reale alternativa: “Di non arrivare lunghi nella sfida contro Roberto Occhiuto, ma scegliere subito un candidato, possibilmente senza l’intermediazione del partito nazionale e senza cadere nel solito rituale del casting last minute e dei veti incrociati”.
E ancora: “Scegliete al più presto un candidato partendo dai sindaci e dai territori. Fate voi, ma fate presto”.
Quello da te indicato era un percorso che avrebbe finalmente riconsegnato al PD calabrese autonomia, dignità e, soprattutto, ampi margini di iniziativa politica per preparare adeguatamente la scadenza elettorale che comunque era prossima.
Invece, nei mesi successivi, di tutto ciò non vi è stata traccia. Anzi, si sono celebrati congressi farlocchi, con un solo punto all'ordine del giorno: zero discussione e confronto. I congressi sono stati ridotti a semplici votifici di una platea di iscritti ridotta al minimo storico, funzionali solo a garantire candidature e posti di potere.
Le luci dell’opposizione sono rimaste spente a fronte di una situazione economica e sociale che in questi anni si è aggravata, con un’allarmante accelerazione del fenomeno dello spopolamento e una drammatica condizione del servizio sanitario che, in non pochi casi, non è riuscito a garantire neanche gli interventi di emergenza-urgenza, con conseguenze nefaste per la vita delle persone.
Basti pensare a quanto si è verificato a San Giovanni in Fiore con la morte di Serafino Congi, la cui moglie Caterina hai avuto modo di incontrare e ascoltare in occasione della tua presenza nel grosso centro silano.
Occhiuto ha potuto godere del doppio vantaggio di uno spregiudicato uso del potere e dell’assenza di opposizione politica e istituzionale. Per non dire delle condotte consociative consumate su punti e scelte nevralgiche che non sto qui ad elencare, ma che hanno contribuito a determinare confusione e appannamento della funzione del nostro partito e schieramento.
Una situazione davvero sconcertante, se si pensa a quanto si è verificato in questi anni sul piano regionale e nei diversi territori, dove sono state collezionate sconfitte clamorose nei Comuni e in realtà storicamente roccaforti della sinistra e del centrosinistra.
Basti altresì ricordare le sconfitte alle recenti amministrative di Lamezia Terme e in tanti altri Comuni, o la incomprensibile vicenda consumata a Rende. Si è proceduto a tentativi dell’ultim’ora, senza una linea politica, in una drammatica condizione di marginalità che ha contribuito non poco ad allontanare il PD dalle comunità. Una condizione che non poteva che aggravare il già ingarbugliato contesto delle successive elezioni regionali.
Cara Segretaria, credo che converrai su quanto ora sia necessaria una riflessione e un’analisi rigorosa, approfondita e senza sconti sulle ragioni di questa pesante sconfitta che, voglio ricordare, è la terza dopo quelle del 2020 e del 2021.
Una seria e partecipata analisi, al netto di inutili polemiche, può aprire uno spaccato dal quale esplorare e magari curare i mali endemici del PD calabrese, ormai a rischio irrilevanza.
In Calabria c’è bisogno di un’impegnativa opera di ricostruzione, necessaria per riacquisire credibilità e fiducia verso la nostra comunità, da tempo dispersa in una regione sempre più in crisi.
Quest’opera ha bisogno del contributo di tutti. Per questo è necessario abbattere i recinti funzionali alla conservazione di ruoli e spazi di potere, in verità sempre più ristretti.
Il tuo contributo sarà determinante se proiettato a rimuovere le cause che hanno generato gravi anomalie nella vita del partito in Calabria e della sua organizzazione, che ormai da oltre un lustro oscilla tra il 13 e il 15%, con una progressione costante verso il basso.
Una parabola negativa contrassegnata da evidenti e precise responsabilità dei gruppi dirigenti locali, da cui non sono certo esenti i dirigenti nazionali che in questi anni hanno svolto un ruolo di riferimento e spesso di intervento e sostituzione nei compiti di direzione del PD calabrese, ponendosi come garanti e protettori di singoli esponenti di gruppi ristretti.
La nostra comunità, da tempo sofferente, ha bisogno di un Partito che ritorni ad essere la sua casa. Questo lo ritengo ancora possibile, nella piena consapevolezza che la mia regione sia parte di un Paese nel quale il PD continua ad essere uno dei pochi partiti nazionali. (Bruno Villella Componente Assemblea nazionale del PD)