Tentata estorsione, l’incontro tra vittima e indagati osservato dalla Questura di Cosenza. «Tu non te li mangi i soldi nostri…»
Un rapporto di lavoro consolidato da anni finisce nel peggiore dei modi. Così si arriva all’arresto di Attilio Chianello e Salvatore Giannone, posti ieri ai domiciliari su ordine del gip Distrettuale Antonio Battaglia perché accusati di aver tentato di estorcere somme di denaro a un imprenditore edile di Mendicino, utilizzando il vincolo intimidatorio mafioso riconducibile
Un rapporto di lavoro consolidato da anni finisce nel peggiore dei modi. Così si arriva all’arresto di Attilio Chianello e Salvatore Giannone, posti ieri ai domiciliari su ordine del gip Distrettuale Antonio Battaglia perché accusati di aver tentato di estorcere somme di denaro a un imprenditore edile di Mendicino, utilizzando il vincolo intimidatorio mafioso riconducibile – secondo la Dda di Catanzaro – ad esponenti della cosca Perna di Cosenza, più precisamente alla famiglia Giannone.
Il tutto inizia quando la persona offesa viene chiamata da Chianello per ridiscutere dei lavori in subappalto che gli avevano permesso di guadagnare circa 60mila euro per la ristrutturazione di tre scuole elementari a Rende. Secondo Chianello, l’imprenditore avrebbe dovuto aggiungere altri 27mila euro per lavori di maestranze non saldati in un primo momento a cui ha fatto seguito un decreto ingiuntivo del tribunale di Paola.
Per la vittima invece quella cifra non era dovuta. Succede che Chianello per recuperare quelle somme chiama in causa Salvatore Giannone, fratello di due elementi della cosca Perna già condannati in via definitiva.
Giannone, secondo quanto emerge dalle indagini condotte dalla Squadra Mobile di Cosenza e coordinate dal pubblico ministero Camillo Falvo, fissa un appuntamento con l’imprenditore al quale chiede di risolvere «il problema di Attilio». La vittima ribadisce più volte di aver provveduto a pagare quanto dovuto a Chianello e quindi non intende aggiungere altre somme di denaro.
L’incontro tra la vittima e Giannone viene intercettato e osservato dagli agenti della Questura di Cosenza nei pressi dello svincolo di Cosenza Nord.
Nel primo appuntamento l’uomo di Mendicino ripercorre tutti i rapporti lavorativi, nonché i passaggi economici con Chianello, asserendo di non dover nulla al suo collega.
Nel corso della conversazione a tre emerge che Chianello aveva fatto dei lavori a casa della vittima, la quale evidenzia che gli stessi sarebbero stati fatti male, tanto da piovere dentro l’appartamento. Lavori, a dire di Chianello, mai pagati.
Nel mentre la discussione sale di tono, e gli animi si fanno sempre più accesi, Giannone spiega di aver interesse ad aiutare Chianello perché il fratello è suo genero.
Lo scambio di battute, dunque, si fa sempre più teso, fino a quando Giannone dice: «Tu non te li mangi i soldi nostri… non ci dormi tranquillo… gli devi dare i soldi». La vittima già in precedenza, facendo i calcoli con il suo commercialista, aveva spiegato di dover pagare 25mila euro di tasse e se avesse dovuto dare i soldi non dovuti a Chianello, sarebbe stato costretto a chiedere un prestito. Così Giannone ribadisce di voler chiudere la questione, altrimenti sarebbero intervenute altre persone che verosimilmente avrebbero agito in altri modi. «Fra vedi che ti fanno male davvero» afferma Giannone. Ad osservare la gestualità dei due ci sono gli agenti che poi verbalizzano tutto, trascrivendo le intercettazioni tra la vittima e i due indagati.
I poliziotti della Squadra Mobile ricostruiscono i rapporti economici tra la vittima e Chianello e nella richiesta di misura cautelare avanzata dalla Dda di Catanzaro, sottolineano che «emergono risultanze oggettive per affermare che la condotta degli indagati sia finalizzata a conseguire un’utilità superiore rispetto alla pretesa legittima, tanto da configurare un ingiusto vantaggio. Pertanto la somma dei 6mila euro citati da Greco nella frase “io ho ricevuto fatture per cinquanta… ancora avanzo una fattura di 6mila euro” riguarda una somma già liquidata da Greco a Chianello ma non ancora fatturata». Quindi l’importo di quasi 28mila euro del decreto ingiuntivo «rivendicato col concorso di Giannone mediante un’intimidazione dal tipico metodo mafioso sia assolutamente indebita».
La Dda di Catanzaro aveva richiesto il carcere per entrambi, ma il gip Battaglia nonostante abbia valutato gravi gli indizi a loro carico, esaminando la posizione giudiziale di Chianello, allo stato attuale incensurato, e di Giannone, denunciato in passato per un reato di non particolare allarme sociale, ha disposto gli arresti domiciliari con tutte le prescrizioni del caso.
Infine, Giannone è difeso dall’avvocato Antonio Ingrosso, mentre Chianello è assistito dall’avvocato Maurizio Nucci. (Antonio Alizzi)