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Scontro tra magistrati a Cosenza, in Cassazione “vince” Facciolla

Finisce dopo tanti anni il caso giudiziario tra due magistrati di Cosenza. Parola fine posta dalla Suprema Corte di Cassazione che, depositando le motivazioni della sentenza contro il giudice Manuela Morrone, spiega perché il ricorso – presentato da quest’ultimo avverso la sentenza di secondo grado, in sede civile, emessa dalla Corte d’Appello di Salerno –

Scontro tra magistrati a Cosenza, in Cassazione “vince” Facciolla

Finisce dopo tanti anni il caso giudiziario tra due magistrati di Cosenza. Parola fine posta dalla Suprema Corte di Cassazione che, depositando le motivazioni della sentenza contro il giudice Manuela Morrone, spiega perché il ricorso – presentato da quest’ultimo avverso la sentenza di secondo grado, in sede civile, emessa dalla Corte d’Appello di Salerno – deve essere rigettato. La questione riguarda un presunta diffamazione, reato che la Morrone aveva addebitato, sporgendo querela, all’attuale procuratore capo di Castrovillari, Eugenio Facciolla. Parliamo del 2005, quando il ministero di Grazia e Giustizia aveva provveduto ad inviare gli ispettori ministeriali presso il tribunale di Cosenza. L’ispettore dell’epoca era Otello Lupacchini, oggi procuratore generale di Catanzaro, che nei mesi scorsi ha criticato il modus operandi di Nicola Gratteri, capo della Dda di Catanzaro. Scontro finito davanti al Csm, che ha archiviato il procedimento.

Il ricorso della Morrone rigettato dagli ermellini

Il 9 dicembre 2016 la Corte di Appello di Salerno accoglie il ricorso del magistrato Eugenio Facciolla, il quale aveva impugnato la sentenza del 12 settembre 2013 emessa dal tribunale di Salerno, il quale lo condannava al pagamento per risarcimento danni della cifra di 13mila euro. Il giudice Manuela Morrone, infatti, riteneva di essere stata diffamata dall’attuale capo della procura di Castrovillari che, il 18 maggio del 2005, «nell’ambito di una ispezione disposta dal Ministero della Giustizia» si legge nell’ordinanza pubblicata dagli ermellini «volta ad accertare l’esistenza di situazioni di incompatibilità a suo carico, a fronte della domanda se fosse a conoscenza di possibili situazioni di incompatibilità di altri magistrati degli uffici giudiziari di Catanzaro e di Cosenza, derivanti da rapporti con avvocati, dichiarava quanto segue».

Le accuse di Facciolla nel 2005

«”Voglio finalmente aggiungere che un’ulteriore situazione di rapporti suscettibili di valutazione ai fini della incompatibilità è quella che lega la dott.ssa Morrone, giudice del Tribunale penale di Cosenza, con il dott. Dodaro, marito della stessa e capo della Squadra Mobile di Cosenza“», spiegando che la stessa è «”figlia di Ennio Morrone, imprenditore e politico, attualmente assessore al personale della Giunta regionale calabrese. In forza di questi legami familiari la dott.ssa Morrone è attratta nella sfera di influenza dell’Avv. Calabrese, il che è ancora più preoccupante laddove si consideri che Ennio Morrone è a sua volta imputato o indagato in due procedimenti per reati legati alla sua attività di amministratore ed è difeso dallo stesso Calabrese, dall’Avv. Sammarco e da altri avvocati della summenzionata conventicola”».

Dichiarazioni che la dottoressa Morrone riteneva lesive della propria reputazione, avendo tempestivamente segnalato all’allora presidente del Tribunale di Cosenza, allorché fu assegnata in prima nomina a tale ufficio, «l’inopportunità del conferimento di funzioni giudicanti in materia penale, in ragione del rapporto di coniugio con il dott. Dodaro, essendo, pertanto, destinata – anche all’esito di tale sua iniziativa – al settore civile» riporta la Cassazione. In primo grado il giudice di Salerno aveva accolto la domanda risarcitoria «sul presupposto che quelle affermazioni si risolvevano in un apprezzamento negativo sull’imparzialità del magistrato», ma nel secondo grado di giudizio le cose sono cambiate. E la Cassazione è in linea con le motivazioni edotte dalla Corte d’Appello di Salerno.

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