Mormanno, 11 milioni di euro per il sisma ma in 10 anni completato solo il 70% dei lavori. Il sindaco: «Quel 30% non ci fa dormire» | VIDEO
Tanti i ritardi accumulati che oggi presentano il conto. E intanto diverse aziende stanno abbandonando i cantieri perché non rientrano più nei costi previsti dagli appalti dell’epoca
Da una parte i balconi fioriti che raccontano di ritorni, dall’altra le impalcature che riferiscono di lavori ancora in corso, nel migliore dei casi e, nel peggiore, di lavori interrotti e rimandati a data da destinarsi. I soldi, per la messa in sicurezza di Mormanno dopo il terremoto del 2012, sono arrivati. «È stato fatto un grande lavoro istituzionale che ha portato nelle casse dell’ente comunale più di 11 milioni di euro», spiega il sindaco Paolo Pappaterra. Mentre lo dice, però, non sorride.
«Perché non è tutto oro quello che luccica – puntualizza –. Oggi abbiamo completato al 70% i lavori del sisma, ma rimane un 30% che non ci fa dormire la notte. Molte famiglie non riescono ancora a rientrare nelle proprie case a distanza di dieci anni, e alcune di queste famiglie pagano un affitto e i tributi comunali al 50%».
Cos’è successo, a Mormanno, in questi dieci anni? È successo che il paese, piano piano, con fatica, è tornato a vivere. È rimasta la paura, perché certe ombre si annidano nel profondo e non vanno via, però chi può guarda avanti. Chi può. Ossia chi in quel 70% ha avuto la fortuna di rientrare. Il resto toglie il sonno al sindaco, ma più ancora lo toglie a chi di questo resto fa parte: lo sventurato 30% che ancora non sa quando riuscirà a rimettere piede a casa.
I lavori bloccati per tre anni
Le vittime del terremoto di Mormanno non sono i morti che, da queste parti, per fortuna non ci sono stati. Sono gli sfollati. Coloro che quella notte hanno abbandonato in fretta e furia la propria abitazione per fuggire al terrore di finire seppelliti da qualche parte e che poi in quell’abitazione non sono più potuti rientrare perché dichiarata inagibile.
I soldi per la messa in sicurezza sono arrivati, sì, e non sono pochi. Soldi stanziati dal Governo e assegnati alla Regione Calabria per poi essere trasferiti e dati in gestione al Comune. Ma il percorso non è stato lineare. «La burocrazia ha bloccato per quasi tre anni i lavori – afferma Pappaterra – e questo ha comportato dei ritardi». Ritardi che si sono sommati ad altri intoppi, alla pandemia, e oggi presentano il conto. E il conto sono i lavori ancora non finiti e, peggio ancora, quelli lasciati a metà da aziende che senza liquidità e messe in difficoltà anche dai recenti rincari dell’energia e delle materie prime hanno preferito abbandonare il campo.
«Proprio in questi giorni un’altra azienda ha deciso di andare via – racconta amareggiato il sindaco –. Stiamo vivendo una situazione difficile: molte non rientrano più nei costi previsti negli appalti stipulati 7-8 anni fa e così ci lasciano. Abbiamo chiesto alla Regione di stilare dei prezziari nuovi per trovare altre ditte».
Il futuro: demolire per ricostruire
Chiede «rapidità e dinamismo» Paolo Pappaterra, perché «se mancano crolliamo tutti». E questo chiedono anche i cittadini rimasti incastrati in quel 30%. «Loro giustamente se la prendono con il Comune – afferma il sindaco – e io non voglio sfuggire alle mie responsabilità né scaricarle su nessuno. Ma ci sono stati e ci sono dei problemi contro i quali noi possiamo fare poco. Non attacco le istituzioni, delle quali ho fiducia, attacco la burocrazia».
Da qualche mese il Comune ha firmato una nuova convenzione con la Protezione civile (la precedente era scaduta lo scorso anno) che posticipa i termini di scadenza per i lavori al 31 dicembre 2023. E c’è ancora tanto da fare. Perché per mettere in sicurezza il paese bisogna ricostruire ma anche distruggere. «Questo è un centro storico, gli edifici sono spesso attaccati gli uni agli altri e molti di questi sono abbandonati e fatiscenti – sottolinea Pappaterra –. Se arriva un altro terremoto cosa può succedere?».
La cura, dunque, accanto alla prevenzione. Una prevenzione che si sostanzia in questo: “allargare” il paese, costruire piazze. «I tecnici della Regione hanno già fatto delle stime sulle economie di tutta questa operazione. Quelle economie vogliamo investirle da una parte per requisire e abbattere quegli edifici che nessuno più abita e che creano insicurezza nei nostri piccoli quartieri. Ma parte di queste economie vogliamo destinarle anche a chi oggi ha bisogno di fare degli investimenti personali per rientrare nella propria casa e come forma di sostegno per tutte le spese sostenute in questi dieci anni».
Il sindaco: «Umiliante non poter dare risposte ai cittadini»
I progetti ci sono, la preoccupazione anche. Riuscire a non dare risposte ai cittadini, afferma Pappaterra, è «umiliante». Ma la strada va percorsa fino in fondo. «La motivazione più grande per me è data da quelle persone che mi fermano in piazza con gli occhi lucidi e mi dicono: sindaco, io ancora non sono rientrato a casa mia. Io prima o poi queste cose andrò a dirle a Catanzaro. Il danno non lo fanno a me, ma alle istituzioni perché la gente non ha più fiducia. Per tanti ormai è così, ma noi dobbiamo crederci».
Ecco l’intervista integrale al sindaco