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A Cosenza il “Sistema” non permette di spacciare sotto banco. Si tratta di una storia nota, già emersa dalle carte dell’inchiesta “Overture“, quando i collaboratori di giustizia avevano spiegato come funzionasse il mercato della droga a Cosenza. Oggi lo ribadisce invece un altro pentito: Ivan Barone. Il fatto che racconta ai magistrati della Dda di Catanzaro, riguarda infatti uno degli indagati della maxi-inchiesta contro la ‘ndrangheta cosentina. Parliamo di Cesare D’Elia.
Ivan Barone racconta il pestaggio in via Popilia
«Con riferimento ad atti di violenza commessi da me o dal mio gruppo ricordo in particolare, il pestaggio di Cesare D’Elia, avvenuto nel 2014-2015, all’interno del magazzino di Fiore Bevilacqua, detto “Mano Mozza”. D’Elia veniva pestato da Maurizio Rango, Ettore Sottile e Antonio Abruzzese detto “Banana”, perché vendeva eroina sotto banco» dichiara Ivan Barone. «In quell’occasione ero fuori dal magazzino mentre avveniva il pestaggio. Insieme a me c’era Antonio Taranto. Ricordo che ho visto uscire dal magazzino D’Elia pieno di sangue e darsi alla fuga. Voglio precisare, in merito a questo episodio, che prima che D’Elia venisse portato all’interno del magazzino in cui avveniva il pestaggio, ho visto Maurizio Rango che era in attesa impugnando un mattarello che avrebbe poi usato per colpire ripetutamente D’Elia».
L’allontanamento dal gruppo
Barone riferisce anche un altro particolare del fatto in esame: «Maurizio Rango manifestava a me ed Antonio Abruzzese l’intenzione di munirsi di una pistola per sparare a D’Elia nell’eventualità in cui avesse tentato la fuga. La pistola alla quale faccio riferimento era occultata in una intercapedine del porticato che si trova nei pressi del magazzino di “Mano Mozza“». Rango, però, sarebbe stato dissuaso da Antonio Abruzzese detto “Banana“, «perché in caso contrario lo avrebbero visto tutti e sarebbe stato arrestato» aggiunge Barone. «Successivamente a questo episodio D’Elia è stato allontanato dal gruppo» il quale «al momento del suo allontanamento, egli aveva ricevuto il battesimo in carcere da Franco Bruzzese, fratello di Giovanni, collaboratore di giustizia, durante un periodo in cui erano entrambi detenuti nel carcere di Cosenza». Infine Barone dice che “per effetto di questo battesimo D’Elia aveva la prima dote di ‘ndrangheta, ossia quello di “picciotto”».