A tre giorni dalla decisione della Corte d’appello di Lione che dà il via libera al rimpatrio dell’ex latitante cosentino Edgardo Greco, arrestato a Saint-Etienne lo scorso 2 febbraio, prende forma la strategia difensiva del suo nuovo avvocato, David Metaxas. Sia in punta di diritto che di rapporti con i mass-media. «Se torna in Italia è un uomo morto» aveva affermato a caldo Metaxas, che nelle scorse ore è tornato sull’argomento per chiarire parzialmente il senso delle sue dichiarazioni. «Morto sia legalmente che fisicamente» ha aggiunto a integrazione del suo pensiero.

«Non si può essere un killer della ‘ndrangheta e restare in vita tornando in Italia» ha spiegato nel corso di un’intervista rilasciata al giornale Le JSL, paventando forse il rischio di ritorsioni da parte degli ex compagni d’arme del suo cliente. Stereotipie mafiose a parte, il suo intendimento è quello di «bloccare la procedura d’estradizione» e per farlo intende proporre ricorso per Cassazione. Metaxas rende noto, inoltre, di voler interessare della vicenda «l’ufficio del primo ministro francese». L’avvocato lionese non nasconde neanche quello che è il suo obiettivo finale: far sì che Greco sia «rigiudicato in Francia». Come?

Su di lui grava una condanna definitiva all’ergastolo per un duplice omicidio di mafia commesso trentadue anni fa. Il processo che lo riguarda si è celebrato fra il 2007 e il 2011 in sua assenza, dal momento che era latitante fin dal 2006. In chiave difensiva, dunque, la parola magica potrebbe essere contumacia. L’ordinamento francese, infatti, consente che un processo si svolga senza la presenza dell’imputato solo se in ballo ci sono reati di lieve entità, in caso contrario un eventuale giudizio è ritenuto «iniquo». Era stato questo uno dei motivi per cui, lo scorso marzo, proprio la Cassazione aveva detto no all’estradizione di dieci ex brigatisti italiani riparati in Francia, alcuni dei quali ergastolani in fuga come Greco. Fra le ragioni addotte dai giudici c’era anche il fatto che i dieci risiedevano ormai da tempo in Francia, si erano integrati nel tessuto sociale e avevano reciso i legami con il proprio passato. Nel caso che li riguarda, ancor prima della Cassazione, si era espressa negli stessi termini anche la Corte d’appello, che per ciò che concerne Edgardo Greco, invece, ha dato parere favorevole al rimpatrio.

Non è chiaro se è questa la linea che intende seguire Metaxas, considerato che le due vicende sembrano analoghe, quasi sovrapponibili, ma solo fino a un certo punto: da un lato, infatti, ci sono degli ex terroristi, dall’altro un ex mafioso. Ed è questo un discrimine che certamente avrà il suo peso nella valutazione finale dei giudici. Sullo sfondo, inoltre, restano anche considerazioni più politiche inerenti i rapporti italo-francesi in tema di giustizia e dintorni. Rapporti già tesi, che un’eventuale sentenza favorevole a Greco potrebbe ulteriormente complicare.  

Nessun dubbio, comunque, che anche nel suo caso si possa parlare di ex. Le indagini hanno dimostrato come pure Edgardo Greco, oggi 63enne, avesse tagliato i ponti con il crimine e finanche con il proprio nucleo familiare. Viveva del suo lavoro, quello del cuoco, ed è probabilmente un uomo completamente diverso rispetto a quello che negli anni Settanta e Ottanta militava nel clan Perna-Pranno di Cosenza e che era arrivato a guadagnarsi il soprannome di Killer delle carceri. Difficile che tutto questo basti a salvarlo dai fantasmi del passato, almeno sulla carta. La partita, comunque, è ancora aperta.