mercoledì,Settembre 18 2024

‘Ndrangheta, le controversie tra San Lucido e Paola al vaglio di Patitucci e Porcaro

Dall'indagine emerge come il boss di Cosenza e il neo pentito volessero decidere i ruoli apicali delle presunte cosche operanti in una zona del Tirreno cosentino

‘Ndrangheta, le controversie tra San Lucido e Paola al vaglio di Patitucci e Porcaro

C’è un triangolo malavitoso nelle decisione assunte dalla ‘ndrangheta di Cosenza, tra San Lucido e Paola. E il tutto ha radici profonde, sin dal periodo in cui le cosche cosentine non erano del tutto confederate, come sostiene ora la Dda di Catanzaro. Tutto ciò emerge dalle investigazioni dei carabinieri di Paola, riportate nell’indagine “Affari di Famiglia“, nel corso delle quali i militari dell’Arma si sono focalizzati anche sui rapporti tra San Lucido e Paola, e la capacità di intervento nella regolazione e pacificazione dei conflitti insorti nel contesto criminale tirrenico del clan Calabria.

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I carabinieri ritengono di aver tratteggiato la “fotografia” dei rapporti tra il clan Calabria di San Lucido e la criminalità organizzata di Paola. Gli investigatori hanno evidenziato come i Calabria non potessero ritenersi autorizzati a controllare il territorio del comune limitrofe, visti gli equilibri mafiosi. I magistrati sostengono che a Paola comunque ci sia sempre l’influenza dei Serpa e ciò deriva dal fatto che nelle operazioni antimafia si è sempre avuta cognizione come gli “alleati” di un tempo, ovvero gli “zingari” di Cosenza, avessero mantenuto inalterata la struttura ‘ndranghetistica del posto. Nell’inchiesta “Affari di Famiglia“, però, emergerebbe come il presunto gruppo mafioso di San Lucido si sia affermato come associazione dotata di un elevato carisma “politico“. Carisma riconosciuto soprattutto dagli altri operatori criminali, vista la capacità di dirimere i conflitti insorti tra i singoli o tra i gruppi, intervenendo con opere di mediazione.

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Nel periodo dedicato ad ascoltare le persone sottoposte ad indagini, è spuntata fuori una captazione ambientale domestica, nel corso della quale «i presenti ragionano sui confini da osservare nella relazione con il gruppo capeggiato da Salvatore Caruso». In quella fase storica «il gruppo Calabria si è trovato a operare come mediatore tra due soggetti che dominavano la scena criminale a Paola, ossia Salvatore Caruso e tale Peppe», che i carabinieri hanno poi identificato in «Giuseppe La Rosa». I contrasti che sarebbero sorti a Paola tra «Salvatore Caruso e Salvatore Serpa», riferiscono i carabinieri, avrebbero preoccupato e non poco Pietro Calabria, presunto boss di San Lucido, il quale sarebbe stato sempre convinto che «le attività illecite condotte nella città di Paola andrebbero equamente divise tra Giuseppe La rosa, Salvatore Caruso e Salvatore Serpa, con il beneplacito dei cosentini facenti capo a Francesco Patitucci e Roberto Porcaro». La presenza dei “cosentini”, però, non era vista di buon grado dai soggetti di Paola, anche se, come fanno notare i carabinieri, «Giuseppe La Rosa» sarebbe un elemento vicino a Michele Di Puppo, di cui abbiamo parlato in un altro servizio.

Per dare forza al ragionamento investigativo, i pm della Dda di Catanzaro, nelle more della richiesta, sono andati a recuperare una dichiarazione di Luciano Impieri, oggi pentito, il quale il 17 aprile del 2018, raccontò il tentativo di Salvatore Serpa di assumere un pieno controllo della città di Paola dal punto di vista criminale. «Serpa era venuto con soggetti di Paola, alla villa sopra il teatro Rendano, per chiedere di potersi occupare di Paola, come reggente» ma Maurizio Rango non fu d’accordo e «gli disse che su Paola il reggente era Adolfo Foggetti».

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