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Si faceva prescrivere cerotti a base di Fentanyl e poi li rivendeva a tossicodipendenti. In più, avrebbe raggirato in diverse occasioni le commissioni mediche di Asp e Azienda ospedaliera, ottenendo pensioni d’invalidità che invece non gli spettavano. È per queste due condotte illecite che, nei giorni scorsi, il quarantasettenne cosentino Alfio Elmiro Cariati è stato condannato in primo grado a dieci anni e otto mesi di detenzione. Per lui la Procura ne aveva chiesto addirittura quindici. Pena severa, dunque, che trova spiegazione nel mancato riconoscimento della continuazione dei reati a lui contestati. Cariati, infatti, era alla sbarra per spaccio di droga, falso e truffa ai danni del Sistema sanitario. La pena che gli è stata inflitta, dunque, altro non è che la sommatoria secca di tre distinte condanne.
Riguardo alla truffa, ammonta a circa sessantamila euro la cifra che l’imputato avrebbe percepito in modo indebito fra il 2014 e il 2019. L’uomo si presentava davanti alla commissione su una sedia a rotelle e, come rappresentato nel capo d’imputazione, «simulava una marcata difficoltà nel raggiungere la posizione eretta». Ciò gli avrebbe consentito di ottenere e poi di vedersi confermare più volte il beneficio della pensione d’invalidità e dell’accompagnamento. Durante il processo la difesa ha provato a convincere i giudici della regolarità di quei controlli. Se ne riparlerà in Appello.
Anche dietro al giro di cerotti dopanti vi sarebbe un raggiro: quello commesso ai danni di un medico di base. Il farmaco in questione si chiama “Durogesic” ed è a base di Fentanyl, un derivato della morfina. È in uso ai malati oncologici o a quelli affetti da dolori cronici, ma il sospetto è che fra il 2017 e il 2020, l’imputato se lo sia fatto prescrivere per ben 1047 volte, non per motivi terapeutici, bensì come sostituto degli stupefacenti. Parte delle quasi 1300 confezioni in suo possesso – ottantaduemila euro il valore complessivo – sarebbero state rivendute ad altri consumatori e tale circostanza ha fatto scattare la contestazione di spaccio. Fra le pene accessorie inflitte a Cariati figurano l’interdizione perpetua dai pubblici uffici e ventisettemila euro di multa. Una volta scontata la pena, sarà sottoposto a libertà vigilata per altri tre anni.
Nel processo era coinvolta anche un’altra persona, il trentaseienne Gino Le Fosse. In alcuni occasioni di sarebbe rifornito da Cariati, ma una parte di quei cerotti – una trentina in tutto – li avrebbe rivenduti a sua volta a una donna. Anche lui, dunque, era finito nei guai per spaccio. Rischiava grosso, cinque anni di carcere, ma il suo difensore Salvatore Rauso è riuscito a ottenere dai giudici il riconoscimento di «lieve entità del fatto». Morale della favola: la sua condanna ammonta a un anno e sei mesi, ma anche per lui se ne riparlerà al secondo round in aula.

