«Con D’Elia rapporti logorati dopo l’omicidio Ruffolo. Rende? Non è affiliato»
Il pentito Roberto Porcaro rivela alcuni dettagli sull'esecutore materiale del delitto avvenuto nel settembre del 2011 a Cosenza. E parla anche di altri soggetti
La quarta parte del racconto di Roberto Porcaro continua su altri nomi, imputati in “Reset“. «Massimiliano D’Elia è un affiliato dell’associazione con il quale, per come vi più volte riferito in precedenti interrogatori, ho sempre avuto rapporti diretti, in particolare in ambito di narcotraffico e di azioni intimidatorie, fino al settembre 2011, ovvero fino all’omicidio Ruffolo. Di lì in poi i nostri rapporti si sono logorati e lui si è avvicinato ad altri associati della medesima organizzazione, ricevendo la seconda dote di ‘ndrangheta nel 2014 e successivamente continuando D’Elia ad operare per conto di Antonio Illuminato e Salvatore Ariello».
Di Michele Rende dice che «è un soggetto non formalmente affiliato all’organizzazione criminale e non ha doti di ‘ndrangheta, quindi non è percettore di “stipendio” in caso di arresto, sino alla data del suo arresto. In ogni caso è stato un soggetto a disposizione del mio gruppo in quanto spacciava prevalentemente cocaina per mio conto». Il resto delle dichiarazioni sono state “omissate“.
Porcaro poi rivela particolari su Alessandro Morrone, titolare di una fruttivendola in via Popilia, di cui aveva già riferito l’ex pentito Danilo Turboli: «E’ un soggetto non formalmente affiliato all’organizzazione ma ampiamente vicino all’associazione per la quale si mette sempre a disposizione per l’intermediazione in attività illecite di ogni tipo, dalle imbasciate agli appuntamento presso la sua fruttivendola, fungeva da autista oppure mi prestava direttamente le auto ed in minima parte spacciava cocaina. A lui ho prestato la somma complessiva di circa 50mila euro per subentrare nella società di ortofrutta insieme a lui e mi corrispondeva mensilmente tra i mille e i 2mila euro come guadagno di questo investimento, non certo a titolo di usura. Inoltre era lui stesso a proporre degli affari al nostro gruppo».
«Non mi restituì 50mila euro»
«Francesco Greco detto “Checco” non è un soggetto formalmente affiliato all’associazione e non percepiva “stipendio” in caso di detenzione ad ogni modo era un ragazzo a piena disposizione del mio gruppo che collaborava con me in attività di estorsione, usura e spaccio di sostanza stupefacente di tipo cocaina. Questa collaborazione so che si è protratta fino al 2018 quando ho capito che Greco faceva uso di cocaina, sottraendola anche dai pacchi che gli consegnavo per tagliarla, fino a quando mi ha creato un buco di circa 50mila euro che non mi ha più restituito andando via da Cosenza».
Settimo Cafè, le posizioni di Broccolo e Perrone
Porcaro menziona anche Antonio Russo detto Tonino il quale avrebbe avuto il compito specifico «di fungere da intermediario nell’attività di usura sia individuando i soggetti che avevano bisogno di denaro sia fungendo da garante nella successiva riscossione degli interessi usurai». Il pentito inoltre rivela contenuti anche su Giuseppe Broccolo, «non è un soggetto formalmente affiliato all’associazione e non percepiva “stipendio” in caso di detenzione; anche nel suo caso il suo coinvolgimento è limitato alla vicenda del Settimo Cafè ed all’intermediazione, insieme a Giuseppe Perrone, nella vicenda di Peppino Russo. Non lo considero un soggetto dell’associazione né un soggetto a disposizione». Identica frase riportata nel paragrafo di Giuseppe Perrone (fine quarta parte)