‘Ndrangheta a Cosenza, la lettera di Patitucci a Porcaro: «Basta lamentele»
Il pentito afferma di aver risposto alla missiva del boss scrivendo che "non ero d'accordo». Da lì in poi sarebbero cominciati i problemi con Piromallo e gli altri
Roberto Porcaro, neo collaboratore di giustizia, sostiene che alla fine del 2018, il boss di Cosenza Francesco Patitucci gli avrebbe mandato una lettera dal carcere con un messaggio ben preciso. Missiva indirizzata al “reggente” della cosca degli italiani, a seguito di alcuni dissapori intercorsi tra il 2017 e 2018 con Renato Piromallo, Salvatore Ariello e Antonio Illuminato. Il racconto del pentito risulta tra i primi messi a verbale dalla Dda di Catanzaro. «Dopo il mio incidente con la moto, ho ripreso i contatti con Michele Di Puppo, che nel frattempo era stato scarcerato da Siracusa. Tra il 2017 e il 2018, ci sono state una serie di incomprensioni all’interno del nostro gruppo tra me, Renato Piromallo, Salvatore Ariello e Antonio Illuminato» afferma Porcaro.
«In particolare ricordo di aver ricevuto una lettera» nel carcere di Palermo «scritta di pugno da Francesco Patitucci, detenuto al carcere di Cosenza, sebbene sulla busta vi fosse indicato quale mittente Renato Mazzulla, anch’egli detenuto a Cosenza. Nella lettera, Patitucci mi informava che “Rex” (da intendersi per noi Renato Piromallo) appena fosse uscito dal carcere avrebbe ripreso le attività illecite con l’ausilio di Ariello e Illuminato chiedendomi di non fare lamentele. A questa lettera ho risposto dicendo espressamente che non ero d’accordo, e di qui sono poi scaturite le incomprensioni che mi hanno portato ad avere discussioni con Piromallo e ad avvicinarmi a Michele Di Puppo. Quest’ultimo, invece, riconoscendo la mia serietà, mi ha proposto di darmi un “pensiero“, con ciò intendendo una dote di ‘ndrangheta, anche perché tutte le precedenti doti non mi erano mai state conferite da lui».
Michele Di Puppo avrebbe chiesto quindi l’autorizzazione a Michele Oppedisano per farmi riconoscere direttamente dal “locale” di Rosarno, anche perché Michele Di Puppo era molto attento e ortodosso sull’applicazione di queste regole di ‘ndrangheta. Così ci siamo trovati, tra giugno e luglio del 2019» presso un’officina a Saporito di Rende e «lì, con una formula che adesso non ricordo, Michele Di Puppo mi ha conferito la dote di “mammasantissima“; il segno di riconoscimento consiste nell’espressione “tre emme”, in realtà avrei dovuto essere punto con un ago tredici volte nel costato, ma lo stesso Michele Di Puppo ha preferito evitare. Non ricordo anche in questo caso i nomi che compaiono sulla copiata».