“Reset”, chiesta la ricusazione del giudice che presiede il processo in abbreviato
Per le difese c'è un evidente incompatibilità tra il giudice dell'udienza preliminare e il giudice del rito alternativo
La Corte d’Appello di Catanzaro dovrà esprimersi sulla richiesta di ricusazione avanzata dal collegio difensivo nei confronti del giudice Fabiana Giacchetti. SI tratta del processo che in queste fasi si svolge nell’aula bunker di Catanzaro con il rito abbreviato, al quale hanno avuto accesso tutti gli esponenti della ‘ndrangheta cosentina inseriti nelle cosche “Lanzino-Patitucci” e “zingari” di via Popilia.
L’istanza è stata presentata in prima battuta dagli avvocati Giorgia Greco e Tanja Argirò. Gli altri difensori poi si sono associati chiedendo quindi che cambi il giudice del processo “Reset“, poiché la togata Fabiana Giacchetti ha anche presieduto l’udienza preliminare rinviando a giudizio più di 100 imputati. Questo perché la riforma Cartabia ha modificato la fase intermedia processuale, dando la possibilità al gup di entrare formalmente nel merito delle accuse. “Ragionevole previsione di condanna” la frase chiave con la quale vengono oggi processati gli imputati. Ebbene, per le difese di “Reset” la sua presenza è incompatibile con le regole del giusto processo.
I motivi della ricusazione
«La novella legislativa di cui al D.lgs 10 ottobre 2022 n. 150, (riforma Cartabia) ha introdotto, per l’udienza preliminare, il principio della “ragionevole previsione di condanna dell’imputato”, attraverso il quale si attribuisce al Giudice dell’udienza preliminare un ruolo dinamico e prognostico. In buona sostanza, il G.U.P. dovrà proiettarsi nella fase successiva del procedimento e, valutati gli atti a sua disposizione, operare un giudizio prognostico rispetto ad una previsione di condanna dell’imputato. (Cass. Pen. Sez. 6, sentenza del 10.05.2023 n. 19856) Il procedimento penale che occupa vede contestati, tra gli altri, reati a concorso necessario quali, ad esempio, il delitto di cui all’art. 416 bis c.p. e art. 74 D.P.R. 309/1990, per i quali, necessita, obbligatoriamente, un vaglio del giudicante rispetto alle singole posizioni, anche al fine di verificare la sussistenza del reato, nonché di ipotesi di reati – fine aggravati dall’art. 416 bis.1 c.p. nella duplice declinazione» si legge nel documento.
«Ad avviso di questa difesa -si evidenzia nella dichiarazione di ricusazione – è proprio con riferimento precipuo agli imputati del delitto di associazione mafiosa e di associazione dedita al narcotraffico, che si realizza, la causa di incompatibilità tra Giudice dell’udienza preliminare e Giudice del rito abbreviato, qualora, come nel caso di specie, il Giudicante che deciderà gli abbreviati sia il medesimo che ha emesso il decreto che dispone il giudizio sulla scorta “della previsione di condanna” di altri soggetti, concorrente/i nel medesimo reato».
La questione di legittimità costituzionale
Nel corso dell’ultima udienza, già movimentata per la decisione di Francesco Greco di collaborare con la giustizia e di Roberto Porcaro di porre in “stand-by” il percorso dichiarativo con la Dda di Catanzaro, è stata posta anche una questione di legittimità costituzionale, sollevata in via preliminare dagli avvocati Fiorella Bozzarello, Raffaele Brescia e Cesare Badolato. Anche in questo caso le altre difese hanno sostenuto la richiesta dei tre colleghi.
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