La Dda sul pentito: «Non si discute la serietà collaborativa di Ivan Barone»
Il magistrato Vito Valerio parla del collaboratore di giustizia e non "contesta" le sue dichiarazioni circa la partecipazione alla presunta confederazione mafiosa di Roberto Olibano junior
Dopo aver parlato di Mario “Renato” Piromallo e di altre posizioni che tratteremo in seguito, la Dda di Catanzaro lo scorso 26 ottobre 2023 si è soffermata sul pentito Ivan Barone, il quale collabora con i magistrati antimafia Vito Valerio e Corrado Cubellotti dal 6 settembre 2022. Per l’ufficio di procura non è in discussione la serietà collaborativa dell’ex esponente del clan degli “zingari“, prendendo per buone, e non è un fatto che si verifica tutti i giorni, anche le dichiarazioni rese da Barone sull’imputato Roberto Olibano junior definito un «non affiliato» o «non associato» ma a disposizione di Gianluca Maestri.
Barone, al pari di Francesco Greco, si inserisce in un contesto investigativo dal quale trarre spunto per corroborare teorie accusatorie già impostate e aprire nuovi scenari circa la capacità della ‘ndrangheta cosentina di riorganizzarsi dopo i recenti arresti. In questo ambito si delineano alleanze e figure “nuove” che emergono al fine di tutelare l’interesse unico dei clan presunti confederati.
Processo “Reset”, la Dda su Barone
La Dda di Catanzaro nel corso dei due giorni dedicati alla requisitoria, ha richiamato più volte le propalazioni del pentito Barone «attribuendogli un valore probatorio importante. Barone è forse il collaboratore di questo processo che ha dimostrato una serietà nella scelta collaborativa», affrontando il percorso collaborativo che si è svolto nei 180 giorni e successivamente «in modo assolutamente lineare e serio, senza alcun ripensamento, senza alcuna incertezza e va incontro in questa sede, che è la prima sede chiamata a certificarne la credibilità e l’attendibilità ad un vaglio sicuramente positivo tanto di credibilità soggettiva, quanto di attendibilità oggettiva».
Barone, ha evidenziato la Dda di Catanzaro, si è assunto la responsabilità «di tutti i capi d’imputazione che gli vengono attribuiti, si autoaccusa sostanzialmente di essere un organizzatore del sodalizio di cui al capo 1 e questo non è un passaggio di poco momento, perché la contestazione cautelare a carico di Barone era quella di partecipe dell’associazione» ma le sue dichiarazioni hanno permesso ai magistrati antimafia di colmare un vuoto investigativo di non poco conto, valorizzando, sulla scorta di quanto dichiarato, le posizioni di Gianluca Maestri e Gennaro Presta, accusando altresì se stesso «senza calcoli di pena, lo fa senza pregiudizio e senza strategia dichiarativa».
«Barone scagiona Danilo Bevilacqua»
Il pm Vito Valerio ha poi sottolineato che «un altro elemento di valutazione della sua credibilità lo troviamo nelle dichiarazioni che rende sul capo 73; rispetto ad una costruzione indiziaria anche diciamo nei passaggi in cui vi è una deduzione logica tra un indizio e l’altro, Ivan Barone si accusa pacificamente di questo capo d’imputazione, ma con la stessa trasparenza o con la stessa spontaneità con cui si autoaccusa scagiona un concorrente, che è quello di Danilo Bevilacqua, dicendo appunto che l’identificazione non era corretta perché non era Danilo Bevilacqua, ma Francesco Bevilacqua, soggetti con i quali sostanzialmente né l’uno né l’altro ha rapporti. Quindi non c’è un interesse di scagionare una persona a lui vicina, ma semplicemente un racconto assolutamente disinteressato, spontaneo rispetto ad un fatto del quale lui si autoaccusa e che non ha diciamo nessuna esigenza di scagionare o meno un suo concorrente».
La partecipazione al clan “Rango-zingari”
Sebbene abbia rifiutato ogni forma di affiliazione, Ivan Barone ha dichiarato ai magistrati antimafia di Catanzaro di far parte del gruppo “Rango-zingari” dal 2012. «E nel momento in cui quindi sa che, diciamo, c’è una diversità tra riti di affiliazione e associazione in termini sostanziali e quando si parla di Olibano, che è un ragazzo diciamo giovane e incensurato, con la stessa spontaneità in cui ci dice che egli è a piena disposizione di Gianluca Maestri ci dice in maniera molto trasparente che tutto sommato non gli risulta associato, intendendo con ciò che non gli risulta affiliato. E questo è un elemento diciamo dimostrativo della sua spontaneità, genuinità e dell’assenza di pregiudizi di preferenze o di discredito rispetto ad altri soggetti».
Le dichiarazioni su Maestri e Presta
«Tanti altri sono poi i profili – ha proseguito il pm Vito Valerio – che ancora ne testimoniano la sua attendibilità, oltre diciamo a quello che abbiamo detto sulla provenienza da “Rango-zingari“, ci spiega in maniera assai precisa il ruolo che Maestri e Gennaro Presta ricoprono in quel periodo di particolare fibrillazione dell’associazione ovvero nel dicembre del 2019». Le intercettazioni poste in essere nei confronti di Maestri e Presta, secondo il magistrato, rispetto al ruolo attribuito ai due dagli investigatori, non davano sostanza al ragionamento accusatorio che invece ha preso forma e sostanza all’indomani delle parole offerte da Barone in sede di interrogatorio.
«In quel preciso segmento temporale, portiamo questa intercettazione a riscontro delle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia, ma non abbiamo la certificazione o comunque la consacrazione formale di questo intervento suppletivo in assenza di Roberto Porcaro e Luigi Abbruzzese. Però in questo caso ce lo spiega in maniera assolutamente chiara, assolutamente lineare e quindi congrua con gli elementi di indagine proprio Barone, che ci dice si la ricostruzione che voi fate è una ricostruzione rispondente alla realtà e indipendentemente dall’attribuzione dei ruoli di organizzatore che esistono a prescindere dalla comprensione di questo momento storico, la ricostruzione che fate è esattamente corrispondente».
Le ulteriori dichiarazioni rese su altri soggetti, a cominciare da Roberto Porcaro e Michele Di Puppo, per la Dda di Catanzaro sono un valido riscontro rispetto all’esistenza di un gruppo confederato ed è per questo motivo che il pm Vito Valerio «sul profilo di Barone ritenendo che non vi sia dubbio che, a margine ovviamente dell’affermazione di responsabilità rispetto alle contestazioni che gli vengono elevati per tutti i reati a lui ascritti, vi debba essere anche il pieno riconoscimento dell’attenuante speciale della collaborazione ai sensi dell’art. 416 bis, comma terzo».