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«Il tuo capo non paga la tangente e in qualche modo deve pagare. So che avete degli incassi consistenti». Si sarebbe espresso così Luca Trotta, il 7 agosto del 2023, rivolgendosi al dipendente di una stazione di servizio di Cosenza. Per gli investigatori della Dda non ci sono dubbi: l’incipit di quel discorso rimanda a una tentata estorsione. Non a caso è questa l’accusa confezionata a carico del trentaduenne cosentino nell’ambito dell’operazione antidroga – nome in codice “Recovery” – in cui l’uomo risponde già di associazione finalizzata al narcotraffico. In tal senso, la tentata estorsione al benzinaio rappresenta la novità dell’inchiesta, uno dei capi d’imputazione aggiunti a margine della chiusura delle indagini preliminari decretata alcuni giorni fa. L’accusa, va da sé, è rafforzata dall’aggravante del metodo mafioso.
L’ipotesi degli inquirenti è che, per portare a termine l’estorsione, Trotta si sia rivolto a quella persona a lui già nota. «È stato fatto il tuo nome – gli avrebbe detto quel giorno – Ho riferito che ti conosco e così ho ritenuto di incontrarti io». L’indagato avrebbe tentato addirittura di coinvolgerlo nell’affare, chiedendogli di tradire il suo principale. «Fammi sapere quali sono i suoi spostamenti o altre modalità di gestione degli incassi. Se mi dai queste informazioni, ci sarà pure la tua parte: quattromila euro». Il benzinaio, però, non ha accettato e, dopo aver il suo datore di lavoro, si è recato insieme a lui dai carabinieri per denunciare l’accaduto.
Anche Luca Trotta, fino ad allora incensurato e pressoché sconosciuto alle cronache, era stato arrestato lo scorso 14 maggio nell’ambito del blitz di Recovery poiché sospettato di essere uno spacciatore in quota al gruppo di Adolfo D’Ambrosio. Un mese dopo, però, l’ordinanza di custodia cautelare emessa a suo carico è stata annullata dal Tribunale del Riesame. Da quel momento, segue a piede libero l’evoluzione dell’inchiesta che lo riguarda. Durante una perquisizione eseguita proprio nel giorno della retata, a casa sua erano state rinvenute un fucile e una pistola con matricola abrasa.
L’altra novità dell’inchiesta è rappresentata dall’inserimento del capo d’imputazione che riguarda Salvatore Guido, trovato in possesso il 21 dicembre del 2023 di un trolley con all’interno ben 389mila e novecento euro in banconote di piccolo taglio. Quel procedimento che vede l’uomo indagato per favoreggiamento reale è stato riunito a “Recovery” perché la Dda ritiene che quei soldi fossero il tesoretto di sua sorella Silvia Guido, ex moglie del boss Roberto Porcaro. Anche in questo caso, all’accusa si associa l’aggravante della finalità mafiosa.