Ai domiciliari l’uomo di Mendicino che ha tentato di rapinare l’ufficio postale di Amantea
L'uomo era stato arrestato in flagranza di reato mentre tentava di sottrarre 25mila euro dalla cassaforte. Nel corso dell'interrogatorio ha confessato
C’è un aggiornamento sulla tentata rapina aggravata all’ufficio postale di Amantea, sventata nella mattinata del 19 novembre 2024 grazie al pronto intervento dei Carabinieri. Roberto Mandarino, un uomo di 58 anni residente a Mendicino e domiciliato ad Amantea, ha confessato e il gip gli ha concesso gli arresti domiciliari dopo un iniziale periodo trascorso in carcere. L’uomo è stato arrestato in flagranza di reato mentre tentava di sottrarre 25mila euro dalla cassaforte dell’ufficio.
La dinamica dell’episodio
Mandarino, travisato con mascherina FFP2 nera, occhiali da sole scuri e cappello, si è introdotto nell’ufficio postale di Amantea verso le ore 8:00, armato di una pistola scacciacani calibro 22 priva di tappo rosso e munizionamento, ma del tutto simile a un’arma letale. Appena entrata per iniziare il turno di lavoro, la direttrice dell’ufficio, si è trovata faccia a faccia con l’uomo, che l’ha minacciata di morte puntandole l’arma alla nuca.
Sotto la minaccia della pistola, Mandarino ha ordinato alla vittima di aprire la porta blindata dell’ufficio, disattivare l’allarme e procedere all’apertura della cassaforte temporizzata, contenente una somma di 25mila euro. La cassaforte richiedeva un’attesa di 15 minuti per essere sbloccata, durante i quali l’uomo ha costretto la direttrice dell’ufficio postale a rimanere seduta, minacciandola con toni intimidatori e facendo riferimento a presunte ritorsioni nei confronti della sua famiglia.
La situazione è stata interrotta dall’arrivo dei Carabinieri della compagnia di Paola, avvertiti da una segnalazione anonima. I militari, osservando la scena dall’esterno tramite le vetrate dell’ufficio, hanno intimato all’uomo di arrendersi. Colto di sorpresa, Mandarino ha deposto l’arma su un tavolo e alzato le mani in segno di resa. La direttrice, liberata dal sequestro, ha permesso ai Carabinieri di entrare, concludendo così l’operazione senza gravi conseguenze.
Le prove a carico
Mandarino è stato immediatamente identificato e sottoposto a perquisizione personale. Gli inquirenti hanno sequestrato la pistola scacciacani utilizzata per il tentativo di rapina, insieme a una mascherina FFP2, un paio di guanti neri e occhiali da sole scuri. Tutti questi elementi, unitamente alla testimonianza della vittima e alle registrazioni delle telecamere di sorveglianza dell’ufficio, costituiscono prove schiaccianti a carico dell’indagato.
La direttrice dell’ufficio postale, visibilmente scossa, ha formalizzato la querela nelle ore successive, raccontando con dovizia di particolari il susseguirsi degli eventi. Ha descritto con precisione le minacce ricevute, l’imposizione di azioni sotto coercizione e il timore di possibili ritorsioni contro di lei e i suoi cari.
Nel corso dell’interrogatorio successivo all’arresto, Mandarino (difeso dagli avvocati Antonio Quintieri e Natale Occhiuto) ha confermato la dinamica dei fatti.
Misure cautelari e conseguenze legali
L’arresto di Mandarino è stato convalidato in virtù della flagranza di reato e della gravità indiziaria emersa. Gli elementi raccolti, inclusa la testimonianza della vittima e le registrazioni video, sono considerati sufficienti per sostenere l’accusa di tentata rapina aggravata ai sensi degli artt. 56 e 628 del codice penale. A ciò si aggiunge la contestazione del porto abusivo di arma (art. 4 L. 110/1975).
Dal carcere ai domiciliari
Le esigenze cautelari avevano portato il giudice a disporre la custodia cautelare in carcere, considerando il rischio di reiterazione del reato e la natura intimidatoria delle minacce rivolte alla vittima. Oggi la prospettazione è cambiata e quindi il gip del tribunale di Paola Carla D’Acunzo, ha modificato la misura cautelare applicando gli arresti domiciliari con il braccialetto elettronico, in quanto «l’atteggiamento assunto dal prevenuto, sia durante l’intervento dei militari, che durante l’interrogatorio, in cui ammetteva l’addebito e chiedeva scusa per l’occorso», nonché la sua personalità, visto che «non appare soggetto dedito ad attività delittuosa o inserito in ambienti criminali, come dimostrato dalla circostanza che l’ultima condanna da lui riportata è relativa a un fatto commesso nell’anno 2008».
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