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Noi siamo quelli che continuano a leggere l’Iliade sperando sempre che, prima o poi, Ettore vinca. Riga dopo riga. Quando un amico mi manda questo messaggio, è martedì. Sono trascorse quarantott’ore dal fischio finale del derby, durante le quali mi sono espresso a monosillabi. Anche in famiglia. Nella testa ancora il gol annullato a Calò, il palo di Antonucci, le occasioni fallite da Mazzocchi e Marras. Continuo a rivivere quei novanta minuti con la speranza che la memoria riveli un errore, che almeno una di quelle lance di Ettore contro Achille sia andata a segno. Che la storia sia andata diversamente.
E, infine, il momento in cui mi arrendo e incasso il colpo è lo stesso in cui mi rassereno.
Oggi ne sono sicuro: il Cosenza farà i playoff, ricordo di aver detto a un paio di amici (sconcertati) a caldo. Forse era rabbia, forse invece avevo riconosciuto nella prestazione dei rossoblù (Calò, Zuccon e Antonucci su tutti) qualcosa che ora a freddo mi sfugge. Alcuni acciacchi (Voca, Zuccon) hanno condizionato le scelte iniziali di Caserta. L’infortunio di Tutino ha complicato le cose. Forse un 4-3-3 iniziale (con Florenzi mezzala) avrebbe garantito maggiore equilibrio nel primo tempo. Resta il fatto che, al di là del risultato, non ho visto una squadra inferiore al Catanzaro. Ma il risultato, nello sport, è tutto.
Tra Cittadella e Ternana, il Cosenza ha la necessità di rialzarsi. Primo: per non sprofondare in zona playout. Secondo: perché dal Modena ci separano appena tre lunghezze. Dovrà farlo senza Tutino, il giocatore che finora ha contribuito per più di un terzo alle reti realizzate. E senza Venturi (squalificato) e Meroni in difesa, privo di Mazzocchi in attacco.
Il Cosenza è insomma nelle stesse condizioni di Ettore, quando Achille riottiene da Athena la sua lancia e scorge nell’avversario un punto non coperto dalla corazza. Gli avversari ci vedranno indifesi. Oppure nervosi, pronti a crollare al primo evento negativo. Queste prossime due partite si vincono (o si perdono) con la testa piuttosto che coi piedi.
I conti, poi, andranno fatti a fine stagione. È ovvio che una programmazione pluriennale, come quella di Noto, stia premiando il Catanzaro. Lo è altrettanto che una rondine (una buona campagna acquisti) non possa fare primavera nemmeno nelle lande di Guarascio. Ma adesso che questa maledetta sfida è finita per due volte 2-0 per loro, vi prego, smettiamola di fare confronti. Di guardare quanti gol ha fatto Iemmello e quanti Tutino. Di fare la conta dei punti di differenza tra noi e loro. Di quanti erano al Marulla e di quanti eravamo al Ceravolo. Pensiamo solo a noi.
E qui mi permetto di entrare in un recinto complesso: quello del tifo organizzato. Se uno stadio con ventimila persone, nei momenti chiave di un derby, non riesce a sovrastare i cori della tifoseria ospite (preferisco non entrare nei fatti del Marconi, ma ce ne sarebbe da dire…), vuol dire che è necessaria una riflessione. Bene, l’aveva già fatta Luca Scarpelli, uno degli ultrà che ho più stimato sui gradoni della nostra curva, sulle pagine di Tam tam e segnali di fumo. E l’aveva fatta ben ventitré anni fa. Leggetela tutta (link: https://archive.org/details/tam-tam-e-segnali-di-fumo-73/page/n11/mode/2up).
Di tante considerazioni, molte di pancia, pubblicate sui social all’indomani del derby ho pensato: hanno tutti ragione. Chi a rivendicare una linea storica, chi a pretendere maggiore impegno. Forse qualcuno ha più ragione di altri. Ma il problema, come scriveva Luca nel suo articolo di allora, è che “per questa curva e purtroppo anche per larghi settori di questa città, le tante potenzialità inespresse tendono a rimanere tali”. Le uniche, vere differenze rispetto al 2001 sono che all’epoca l’avversario era la Reggina, oggi il Catanzaro. E che allora le trasferte erano davvero per pochi, mentre oggi la partecipazione è decisamente maggiore. Ma la disamina resta valida. E la cura pure: “Se un giorno venisse qualcuno a dirmi così non va e aggiungesse però ho delle idee, facimu ancuna cosa, quello credo sia il migliore segnale di ripresa”. Altrimenti il tentativo di allargare la partecipazione al tifo organizzato andrà a ramengo.
Contro Cittadella e poi Ternana (purtroppo “a porte chiuse” per la nostra tifoseria), è il momento più importante dell’intero campionato. E la risposta dev’essere granitica. Non in termini di numeri: lo sappiamo già che il meter dei biglietti venduti per il match contro i veneti si fermerà molto sotto i diecimila (ma sarei contento di essere smentito). Dev’essere granitica nei comportamenti. Non unità posticcia, ma reale. Se possibile anche con iniziative che vadano al di là della partita. Nel tifo come nella prestazione in campo. Perché nel derby il Cosenza ha accusato un colpo letale. E noi con lei. O ci si accascia al suolo insieme o ci si rialza. E, se non ci rialziamo, Achille porterà a giro la nostra carcassa.