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L’inchiesta della Dda di Catanzaro, denominata “Athena“, scattata oltre un mese fa, pone al centro dell’attenzione investigativa i rapporti illeciti tra gli “zingari” di Cosenza e i cugini di Cassano Ionio. In particolare, tra gli esponenti della famiglia Abbruzzese “Banana” di via Popilia, e quelli degli Abbruzzese di Lauropoli, riconducibili a Francesco Abbruzzese alias “Dentuzzo”, capo indiscusso degli “zingari” della Piana di Sibari, la cui “reggenza” è passata di mano negli anni al figlio Luigi, catturato a sua volta dalla Squadra Mobile di Cosenza nell’estate del 2018.
L’indagine, coordinata dal pubblico ministero Alessandro Riello, ha messo in luce, tra gli altri, un elemento caratterizzante molto importante, rappresentato (secondo gli investigatori) dal flusso di denaro che, seguendo la tratta Cosenza-Cassano Ionio, sarebbe finito nelle casse del clan Abbruzzese di Lauropoli. I pm antimafia hanno quindi segnato con la penna rossa i soggetti debitori e tra questi un ruolo di primo piano sarebbe spettato agli “zingari” di Cosenza. Gli Abbruzzese “Banana” avrebbero versato in favore dei cugini guidati da Nicola Abbruzzese, detto “Semiasse”, somme di denaro nell’ordine di migliaia di euro a settimana. Contanti per comprare la droga.
In “Athena” emergono i nomi di Luigi Abbruzzese, alias “Pikachu”, Marco Abbruzzese, alias “Lo Struzzo”, entrambi detenuti al 41 bis nel carcere di Terni, e di Antonio Abruzzese, figlio di Giovanni. Soggetti al vertice della presunta confederazione mafiosa cosentina, diretta per la Dda di Catanzaro dal boss Francesco Patitucci, di cui hanno parlato anche i collaboratori di giustizia. Tra questi, Celestino Abbruzzese, alias “Micetto”, e anche Ivan Barone. Proprio “Claudio“, fratello di Luigi e Marco, nell’interrogatorio reso il 12 aprile 2019 davanti alle forze dell’ordine e ai magistrati della procura antimafia di Catanzaro, dopo essersi autoaccusato di essere stato a capo di un manipolo di spacciatori operanti nel centro storico di Cosenza, come dimostrato nel processo “Job Center“, precisava che la cocaina e l’eroina – con cui riforniva i propri pusher – la “comprava” dai suoi fratelli – Luigi, Nicola e Marco e, infine, da Antonio Abbruzzese.
La Dda di Catanzaro, inoltre, ritiene di aver cristallizzato i rapporti tra i cugini allorquando, il 30 maggio 2018, Nicola Abbruzzese, alias “Semiasse”, all’epoca gravato dalla sorveglianza speciale di pubblica sicurezza con obbligo di soggiorno nel comune di residenza, ovvero Cassano Ionio, ottenne l’autorizzazione per recarsi a Cosenza, partecipando a un’udienza avverso l’indicata misura di prevenzione. Gli investigatori sostengono che quel giorno “Semiasse” avrebbe incontrato gli “zingari” coseentini, Luigi Abbruzzese (alias “Pikachu”) e Antonio Abruzzese. L’incontro sarebbe avvenuto all’interno di un portone di uno stabile posto dinanzi al tribunale di Cosenza, indicato dai “Banana”.