Ivan Barone, rispetto a Danilo Turboli, ha avuto più tempo per parlare con la Dda di Catanzaro rispetto al momento in cui l’ufficio inquirente coordinato dal procuratore Nicola Gratteri, ha chiuso le indagini della maxi inchiesta contro la ‘ndrangheta cosentina. “Reset” parte mediaticamente a settembre, qualche giorno dopo gli arresti, Barone decide di collaborare con i magistrati antimafia e viene portato inizialmente in Questura a Cosenza. Da lì inizia il suo lungo racconto conclusosi indicativamente a febbraio 2023. Da qui in poi avrà la possibilità di approfondire ogni tematica trattata con i pm Cubbellotti, Valerio e Riello. E tra gli argomenti affrontati in sede di interrogatorio c’è sicuramente quello sulle estorsioni. La novità, se così possiamo definirla, è che i clan non solo facevano richieste estorsive per conto loro ma anche in condivisione con gli altri. Lo spiega proprio Ivan Barone.

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«Tornando in generale ai rapporti tra “zingari” e italiani”, preciso che, per come mi è stato riferito direttamente da Gianluca Maestri, esiste una “bacinella unica” in cui confluiscono tutti i proventi delle attività illecite, prevalentemente estorsioni, che sono condivise da entrambi i gruppi. Esistono anche attività delittuose che ciascun gruppo, italiani o “zingari“, gestisce in autonomia” dichiara Barone.
«Voglio precisare – aggiunge il pentito di Cosenza – che la regola della “bacinella comune” e della spartizione delle attività estorsive non è assoluta. Ci sono attività estorsive che sono condivise dall’inizio, altre intraprese da un solo gruppo e poi condivise solo al momento della ripartizione del profitto, altre ancora iniziate e concluse in autonomia da ciascun gruppo».

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Barone, a tal proposito, fa un esempio. «Poteva capitare a noi “zingari” di effettuare un tentativo di estorsione a Rende, nella zona di competenza degli “italiani”, di questa azione si dava conto al gruppo degli “italiani” e si decideva insieme se si poteva proseguire, oppure la persona offesa era “a posto”, nel senso che già pagava» evidenzia Barone, che conclude: «Riferito che ho effettuato, assieme a Enzo Piattello, esponente del gruppo Di Puppo, un’azione intimidatoria» sulla quale vige il massimo riserbo investigativo, essendo il prosieguo del narrato coperto da “omissis“.