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Il timore del coronavirus arriva anche nei call center. E così Cobas Telecomunicazioni Cosenza lancia il suo grido d’allarme, convinta che le strutture «possano diventare a breve luoghi di facile contagio». «Crediamo sia necessario attuare tutte le disposizioni governative e oltre», scrive in una nota. In che modo farlo? «Riducendo i flussi di lavoro, disinfettando sale e postazioni, consentendo l’accesso di un numero ridottissimo di lavoratori in grado di mantenere distanze di sicurezza». O, meglio ancora, «chiudendo del tutto le attività», che Cobas ritiene «la cosa più sensata al momento».
«Nella sola area urbana cosentina – si legge nel comunicato sui call center – siamo diverse migliaia e abitiamo in tutti i paesi della provincia e non solo. Crediamo che le vite e la salute delle persone valgano più di profitti, fatturato e Pil, e questo vale ancora di più oggi nel momento in cui ci troviamo costretti a pagare il prezzo carissimo dei tagli alla sanità e dell’aziendalizzazione di ogni servizio sociale essenziale. Le carenze della sanità pubblica qui in Calabria erano evidenti a tutti già da prima del Covid19, Dobbiamo assolutamente limitare il contagio con ogni mezzo necessario. Rischiamo che il sistema sanitario collassi e che qualcuno sia costretto a scegliere a chi fare la terapia intensiva. Scegliere in pratica fra chi vive e chi muore, come sta già succedendo al Nord. Questo è il frutto marcio e avvelenato di una società intera, di uno Stato e delle Regioni, che non hanno voluto andare oltre i diktat dell’economia e del business, legale o meno».
«Noi crediamo – conclude la nota degli operatori dei call center dell’area urbana – che la soluzione più ragionevole al momento sia quella di chiudere le attività produttive non essenziali con indennizzo pieno di tutte le giornate di lavoro perse. Potremmo sembrare allarmisti o paranoici, ma abbiamo a cuore le vite e la salute dei nostri cari e delle nostre comunità. E non vogliamo diventare i super diffusori di questa pericolosa pandemia nell’area urbana di Cosenza. Prima le vite umane!».