Sulle acque calme e limpide della Costa Ionica calabrese, sette imbarcazioni hanno solcato 26 miglia nautiche con un messaggio che pesa più delle vele tese: un invito a non restare indifferenti ai 56 conflitti oggi attivi nel mondo, che coinvolgono oltre 92 Paesi. Dal porto Jole Santelli fino a Capo Trionto, le barche hanno attraversato i comuni di Cassano All’Ionio, Corigliano-Rossano e Mirto Crosia, cucendo tra loro coste e comunità. Non era una gara. Era un gesto corale, costruito dal basso, che ha trasformato il mare in un grande palcoscenico per dire basta alla guerra e dare spazio a un’altra parola: pace.

Una rete di realtà locali in movimento

L’iniziativa è nata dall’intesa tra l’Amministrazione comunale di Crosia, guidata dalla sindaca Maria Teresa Aiello, la Lega Navale Italiana - sezione di Mirto Crosia con il presidente Eugenio De Marco (detto Jimmy Fusaro), e l’AGESCI Alto Ionio Cosentino con Andrea Selvaggi. A loro si sono uniti il Circolo Legambiente di Corigliano-Rossano, rappresentato da Evelina Viola, e il presidio Libera contro le Mafie di Cassano Allo Ionio con la portavoce Mara Vincenti. I rappresentanti di queste associazioni sono saliti a bordo di ELEOS, una barca con una storia che pesa: un tempo usata per i traffici di esseri umani, oggi confiscata e affidata alla Lega Navale, trasformata in simbolo di riscatto e accoglienza.

Inclusione a bordo: la vela come spazio per tutti

A bordo di ELEOS erano presenti anche Ernesto Sallustro, presidente dell’ODV Tuttinsieme, e Virgilio Spina, che hanno testato l’imbarcazione per verificarne l’accessibilità a persone con disabilità. La prova rientra nel percorso di un protocollo già firmato tra Tuttinsieme e la Lega Navale di Mirto Crosia, con l’obiettivo di rendere la vela un’esperienza aperta a chiunque, senza barriere. È un messaggio chiaro: la pace non si costruisce solo fermando i conflitti, ma anche abbattendo le piccole esclusioni quotidiane. Le imbarcazioni che hanno partecipato alla traversata sono state: ELEOS, Jancar 7, Nalù, Spatz III, Bad Swan, Baba Yaga e Neptune.
Gli equipaggi hanno ospitato a bordo delegazioni e attivisti, fondendo la passione per il mare con l’impegno sociale. La navigazione collettiva ha reso visibile ciò che spesso resta invisibile: una rete di persone che agisce silenziosamente nei territori, creando ponti dove altrove si costruiscono muri. “Ringraziamo tutti coloro che hanno partecipato e creduto in questa iniziativa — ha dichiarato Eugenio De Marco. La ‘Veleggiata per la Pace’ mostra quanto il nostro territorio sia vivo, solidale e unito. Vedere ELEOS, un tempo simbolo di sofferenza, diventare mezzo di speranza e inclusione, è la prova che il riscatto è possibile. Quando istituzioni e associazioni collaborano, nascono risultati straordinari”. Non uno slogan, ma una promessa costruita insieme.

Oltre la cronaca: un seme lasciato in mare

La “Veleggiata per la Pace” non si è limitata a una giornata di navigazione. Ha acceso una conversazione più ampia sul ruolo dei territori nel parlare di pace.
In un tempo in cui le guerre si moltiplicano e l’indifferenza rischia di anestetizzare, questo piccolo evento locale ha saputo alzare lo sguardo e rivolgersi al mondo. Il mare, che da sempre unisce e separa, è diventato metafora di ciò che lega le comunità: la capacità di sostenersi a vicenda, di prendere il largo insieme anche quando il vento soffia contro. La “Veleggiata per la Pace” ha dimostrato che anche un tratto di mare può diventare un manifesto.
Ha messo in rete istituzioni, associazioni e cittadini, mostrando come l’impegno condiviso possa trasformare persino una barca nata per la disperazione in un simbolo di dignità ritrovata. Non fermerà da sola i 56 conflitti aperti nel mondo, ma ha tracciato una rotta: quella in cui ogni comunità, piccola o grande, può scegliere di remare dalla stessa parte.