Ex Legnochimica, non solo Bilotta: indagate altre due persone. Lunedì i rilievi FOTO
Avvisi di garanzia per i due soci che in passato hanno acquisito la struttura. La Procura di Cosenza incarica il professore Sindona per effettuare la perizia nell’area contaminata Lunedì si passa dalle parole ai fatti. Il professor Sindona, incaricato dalla Procura di Cosenza di effettuare una perizia sul tasso di inquinamento nell’area della ex Legnochimica
Avvisi di garanzia per i due soci che in passato hanno acquisito la struttura. La Procura di Cosenza incarica il professore Sindona per effettuare la perizia nell’area contaminata
Lunedì si passa dalle parole ai fatti. Il professor Sindona, incaricato dalla Procura di Cosenza di effettuare una perizia sul tasso di inquinamento nell’area della ex Legnochimica che in passato avrebbe causato – secondo i familiari di alcune vittime – la morte dei loro congiunti. Il procuratore aggiunto facente funzioni Marisa Manzini e il pubblico ministero Antonio Bruno Tridico vogliono vederci chiaro e per questo motivo hanno deciso di affidare questa delicata consulenza tecnica a uno dei docenti universitari più preparati sul caso. All’epoca del sequestro, risalente al 25 novembre scorso, il gip del tribunale di Cosenza Salvatore Carpino focalizzò la sua attenzione sulla mancata bonifica delle zone adiacenti allo stabilimento, gestito dal liquidatore Pasquale Bilotta indagato come due soci della società che in seguito ha acquisito la struttura per omessa bonifica e inquinamento ambientale.
IL SEQUESTRO. Il sequestro preventivo interessò diversi pozzi collocati a un raggio di distanza di 650 metri dall’area dell’ex stabilimento Legnochimica. Un’operazione condotta lo scorso novembre dal Nipav del Comando Provinciale della Forestale di Cosenza che ritengono di dover attribuire a Bilotta la bonifica dell’area «nonché del suolo, del sottosuolo e delle falde acquifere estese per un raggio di 650 metri dallo stabilimento predetto. In particolare, sebbene più volte sollecitato dalla Conferenza di Servizi, riunitasi in ultimo in data 18/03/2013, ometteva di presentare il progetto di bonifica secondo le indicazioni fornite dalla Conferenza di Servizi predetta, né adottava alcuna misura urgente di prevenzione, della ulteriore contaminazione delle matrici ambientali, ai sensi del comma 1 del medesimo art. 242». Bilotta, inoltre, avrebbe omesso di procedere alla rimozione del rifiuto solido e liquido presente nei bacini di decantazione dell’ex stabilimento in questione «determinando in tal modo la persistenza della fonte inquinante di tutta l’area circostante», nonché «abusivamente cagionava la compromissione o un deterioramento significativo e misurabile delle acque sotterranee» e del suolo e sottosuolo superando la «soglia di contaminazione relativamente ad alluminio, manganese e ferro, nonché cromo, nichel arsenico e piombo».
DA CRISCI A SICILIANO. Nel provvedimento del gip Carpino fu richiamata anche la consulenza fatta nel 2010 dal Rettore dell’Unical Gino Crisci. «I quesiti posti al consulente vertevano sulla natura dell’inquinamento delle falde acquifere dell’area, sulla relazione tra la presenza dei bacini artificiali dell’ex Legnochimica, sull’inquinamento delle falde, nonché sull’inquinamento dei terreni e sulla natura e provenienza delle sostanze maleodoranti disperse nell’aria. Ebbene il prof. Crisci nelle sue conclusioni afferma in modo inequivocabile che “la falda acquifera sotto ed in prossimità dei bacini artificiali, con particolare riferimento al nr. 4 e al nr. 5 risultano fortemente contaminati in metalli pesanti quali ferro, alluminio, manganese, arsenico, cromo, nichel, cobalto e piombo”». Una contaminazione «causata dalla presenza nei bacini di acqua con alti contenuti in metalli pesanti. La mancanza di un’idonea impermeabilizzazione ha consentito, negli anni, che i metalli trasmigrassero con meccanismi di percolazione dalle acque dei bacini alla sottostante falda freatica situata a una profondità media di dieci metri e che successivamente si diffondesse alle aree limitrofe … il processo di contaminazione, essendo collegato all’esistenza in zona dei bacini artificiali, durerà fino a quando non sarà bonificata l’intera area con l’eliminazione dei bacini. Per il risanamento dell’intera area occorrerà prevedere una opportuna opera di disinquinamento delle falde freatiche esistenti» aggiungendo che lo scorso 9 ottobre, il Rettore ribadì che «in assenza di procedure di bonifica del sito, il livello di inquinamento delle matrici ambientali non può che aumentare di livello», tesi confermata anche dal professore Alessio Siciliano, ingegnere ambientale dell’Unical.
ALTRI SOPRALLUOGHI. Il 29 agosto scorso, la Forestale effettuò un sopralluogo sull’area in questione, «rilevando che in due dei tre» laghetti «era in atto un incendio di tipo sotterraneo che bruciava lentamente il rifiuto accumulato negli invasi. Tutta la zona era pervasa da un fumo acre e maleodorante. I rilievi eseguiti» dall’Arpacal «hanno evidenziato nell’aria una concentrazione di benzo(a)pirene per un valore di 5,67 ug, m’’3 a fronte di valore obiettivo limi- te di 1 ug. m’’1». Così si giungse alla conclusione che «l’area in questione non è stata oggetto di alcuna bonifica» e inoltre che «dal maggio 2008 fino alla data odierna sono state convocate ben 12 conferenze dei servizi senza giungere, però, ad alcuna determinazione sulle operazioni di bonifica da eseguire, e soprattutto, senza pervenire all’approvazione del Piano di caratterizzazione che costituisce l’elemento indispensabile e propedeutico ad ogni operazione di bonifica». I tre indagati sono difesi dall’avvocato Pietro Perugini (nella foto in basso) che ha nominato il dottor Munari quale consulente di parte. Lunedì, dunque, i rilievi e gli esami del caso. (a. a.)