Il pentito Foggetti: «Con Antonio Scarpelli acquistai la droga da Alvaro»
Nell’udienza del processo “Rango-zingari” il collaboratore di giustizia, sentito come teste del pm, prima ha riferito di non rendere dichiarazioni in quanto «psicologicamente non sto bene» e poi ha iniziato a raccontare le dinamiche della presunta cosca operante a Cosenza. Il “Biondo” ha riferito due episodi, aggiungendo alcuni particolari. Il caso dell’estorsione a un imprenditore
Nell’udienza del processo “Rango-zingari” il collaboratore di giustizia, sentito come teste del pm, prima ha riferito di non rendere dichiarazioni in quanto «psicologicamente non sto bene» e poi ha iniziato a raccontare le dinamiche della presunta cosca operante a Cosenza. Il “Biondo” ha riferito due episodi, aggiungendo alcuni particolari. Il caso dell’estorsione a un imprenditore di Scalea e la droga che avrebbe acquistato insieme al titolare di “Medlabor”.
È tempo di rivelazioni nel processo “Rango-zingari” in corso presso il tribunale di Cosenza. Questa mattina il pubblico ministero antimafia Pierpaolo Bruni ha sentito Franco Bruzzese, collaboratore di giustizia e imputato, e il pentito Adolfo Foggetti, testimone e co-imputato già giudicato con una condanna a 6 anni in abbreviato.
Bruzzese ha spiegato la genesi della presunta associazione mafiosa e nel controesame, su domanda dell’avvocato Maurizio Nucci, ha spiegato che veniva informato delle nuove affiliazioni quando era detenuto nel carcere di Cosenza oppure quando qualcuno andava sotto le finestre a dirgli quello che succedeva all’esterno.
Poi è stata la volta del “Biondo” che, collegato da una località segreta, prima ha dichiarato di non essere in grado di riferire quanto sapeva per problemi familiari e poi dopo una pausa ha iniziato a raccontare quanto reso a verbale ai pm della Dda di Catanzaro. «Psicologicamente non sto bene, perché da sei mesi ho problemi col servizio centrale di protezione» ma poi, forse convinto dal suo avvocato presente in aula, ha riferito passo dopo passo il suo ingresso nella criminalità organizzata cosentina, dal periodo in cui comandava Michele Bruni fino al momento in cui i capi erano Franco Bruzzese e Maurizio Rango. Ha parlato dell’omicidio Bruni («Luca fu ucciso perché in un’intercettazione aveva manifestato la volontà di pentirsi e per deliberare l’assassinio ci furono tre riunioni dove nell’ultima parteciparono anche Francesco Patitucci e Roberto Porcaro che pretesero di leggere la frase contenuta nell’intercettazione che faceva parte dell’operazione “Telesis”), delle attività criminali svolte a Paola, dei danneggiamenti ai lidi e delle estorsioni intraprese contro gli imprenditori del posto e in particolare quella commessa ai danni del rappresentante legale – originario di Rio de Janeiro ma residente a Scalea – di alcuni impianti comunali di depurazione tra cui quello di Paola che in primo momento non volle pagare la somma «e fece il nome di Nuccio ‘u Ghegghiu e a quel punto andai a Cetraro da Luigi Muto per comunicargli che nel territorio di Paola comandavamo noi e doveva pagare l’estorsione». E ancora: «Perché andai da Muto? Per una questione di rispetto». L’imprenditore fu accompagnato poi da «Antonio Imbroinise Ciap Ciap e Luca Maddalena in una rivendita di auto a Settimo di Montalto Uffugo e pagò».
L’argomento droga, però, ha “regalato” nuovi retroscena che indubbiamente aprono scenari inaspettati alla luce di quanto dichiarato da Foggetti. I legali, tuttavia, hanno evidenziato che il verbale dell’8 gennaio 2015 era tutto omissato nella parte in cui il pm contestava al pentito le sue dichiarazioni che non ricordava a pieno quanto detto. Nello specifico «i proventi venivano divisi così come quelli delle estorsioni: 60% agli italiani e 40% a noi. Anche noi zingari, ove ne avevamo disponibili, potevamo attivare canali di rifornimento di cocaina. Io personalmente – dichiarò Foggetti – ho fatto fatto diversi viaggi a Gioiosa Jonia ove ho acquistato cocaina da tale Mico Alvaro. Sono andato da Mico Alvaro unitamente a tale Antonio che è persona che si occupa di allestimento di illuminazioni per le feste di paese e che recentemente è stato tratto in arresto per le vicende della palestra Scorpion insieme a Sandro Daniele». E ancora: «Con questa persona sono stato controllato dalla Polizia stradale nei pressi di Rosarno, a bordo di una Fiat 600 di colore grigio». Foggetti continua: «Gli incontri con Mico Alvaro erano esclusivamente volti a trattare degli acquisti, lo stupefacente veniva portato a Cosenza dal più volte nominato Antonio». Il pentito poi ha spiegato che la droga «arrivava anche da Cassano allo Jonio». Sollecitato dal presidente del collegio giudicante Enrico Di Dedda, «Antonio dell’illuminazione» sarà identificato in «Antonio Scarpelli», titolare dell’impresa “Medlabor”.
Antonio Scarpelli è noto alle cronache per il caso delle luminarie finite nel mirino della procura di Cosenza in un’inchiesta che vede coinvolti anche l’ex capo di gabinetto Carmine Potestio, Carlo Pecoraro, Domenico Cucunato, e gli imprenditori Francesco Amendola e Antonio Amato.
Foggetti inoltre ha dichiarato di non conoscere Gianluca Cinelli, mentre in controesame ha detto di aver saputo da Rango e altri che Stefano Carolei era passato «col nostro gruppo a spacciare droga a seguito di un incendio perpetrato dalla nostra cosca a suo danno». Gli accertamenti investigativi però hanno fatto emergere che la macchina danneggiata era di un altro ragazzo e non di Stefano Carolei. In più ha risposto a una domanda del difensore dell’imputato, l’avvocato Antonio Quintieri se Carolei avesse mai consegnato soldi e droga a Foggetti: «No, mai».
Il processo è stato aggiornato al prossimo 13 dicembre quando sarà stilata una nuova lista di pentiti che dovranno comparire in aula. È probabile che sarà sentito Giuseppe Montemurro. Il collegio difensivo è composto, tra gli altri, dagli avvocati Antonio Sanvito, Maurizio Nucci, Cristian Cristiano, Andrea Sarro, Antonio Ingrosso e Antonio Quintieri, mentre le parti civili sono rappresentate, tra gli altri, dagli avvocati Carmelo Bozzo ed Emilio Lirangi. (Antonio Alizzi)