Chi è Nicolino Grande Aracri, il boss che può depotenziare la ‘ndrangheta | UN PENTITO ECCELLENTE
Ecco chi è Nicolino Grande Aracri, uno dei boss più potenti della 'ndrangheta, che voleva allearsi pure con i clan della provincia di Cosenza
Per capire chi è Nicolino Grande Aracri è doveroso fare un passo indietro. E’ l’inizio del nuovo secolo, quando l’allora Dda di Catanzaro indagava su Cutro e dintorni, ricostruendo le “prime” dinamiche criminali del temutissimo boss calabrese. Con l’operazione “Scacco Matto”, prima vera indagine anti-‘ndrangheta contro Nicolino Grande Aracri e i suoi adepti, nasce l’avanzata criminale di un uomo, detto “mano di gomma”, che nei successivi 20 anni ha saputo costruire un impero economico, inserendosi in quasi tutti gli affari più importanti. Di recente, la Dda di Catanzaro, ha portato avanti altre inchieste sul suo conto, accendendo i riflettori anche sulla cosiddetta “zona grigia”. Dalle indagini sui professionisti di Crotone, agli interessi economici per il business dei farmaci. Aspetti che ritroviamo nell’inchiesta contro Mimmo Tallini, ex presidente del Consiglio regionale della Calabria.
La nascita della “Provincia di Cutro”
Per ricostruire la sua storia bisogna leggere attentamente le parole del collaboratore di giustizia, Santo Mirarchi. «Nel 2012-2013 Nicolino Grande Aracri, inteso mano di gomma, ha fatto diventare Cutro “provincia” di ‘ndrangheta, preciso quanto da me appreso sul punto da Paolo Lentini. Questi mi riferì, come novità, che per effettuare questa operazione si era dovuto attendere la scarcerazione del Grande Aracri, il quale aveva dovuto poi ottenere il consenso dei Mancuso e di Reggio Calabria, in particolare modo dei De Stefano» afferma il pentito. «Della “provincia” di Cutro, facevano parte le organizzazioni criminali e quindi i territori di Cutro, Lamezia Terme, Soverato, Sellia Marina, Isola Capo Rizzuto e tutta Catanzaro. Da questo discorso era esclusa la provincia di Cosenza perché da Cassano a salire Grande Aracri non comandava, ma invece comandavano e comandano gli Abruzzese. Anche Cirò è ovviamente locale di ‘ndrangheta a se stante e non è sotto la “provincia” di Cutro, anche se sono i cirotani, in ottimi rapporti con i cutresi, ma Grande Aracri non “mangia” a Cirò».
«Vibo Valentia non faceva parte di questa nascente provincia di Cutro perché già da molto tempo Vibo era “provincia” di ‘ndrangheta a se stante, retta dai Mancuso (in particolare che sappia io da Pantaleone Mancuso) che insieme ai De Stefano sono tra le famiglie più importanti dell’intera ‘ndrangheta, fondatrici della stessa. Paolo Lentini mi ha quindi spiegato il senso della necessità del consenso di queste due famiglie per la formazione della nuova provincia di Cutro che è legato al ruolo delle stesse, se non ci fosse stato il benestare di queste importanti famiglie la nuova Provincia non sarebbe stata riconosciuta da nessuno».
L’alleanza ionica
Un altro pentito, Raffaele Moscato, in “Rinascita Scott”, ha spiegato che «abbiamo saputo che Luigi Mancuso, di cui parlano tutti bene, alla fine dell’anno 2012 aveva provato a contattarci, attraverso Saverio Razionale, per fare la pace con noi Piscopisani. Si diceva inoltre che Luigi Mancuso si è distaccato dal crimine della provincia di Reggio Calabria e si è alleato con Nicolino Grande Aracri, con i Farao, gli Arena e Marincola».
Gli interessi di Nicolino Grande Aracri per Cosenza e provincia
Il collaboratore di giustizia, Diego Zappia, il 2 marzo del 2019, davanti al pm Annamaria Frustaci, aveva raccontato come Nicolino Grande Aracri avesse intenzione di “allearsi” anche con i cosentini. «In carcere ho appreso di altre dinamiche di ‘ndrangheta. Sono a conoscenza del fatto che il Vibonese e il Catanzarese fanno parte del Mandamento tirrenico che risponde al Crimine di Polsi. La ‘ndrangheta è articolata in tre mandamenti e per ogni dote sono indicati in copiata i nomi di tre responsabili: uno per la piana o mandamento tirrenico, uno per il mandamento di Reggio centro e uno per il mandamento ionico. A Cosenza non c’è un locale di ‘ndrangheta e quindi Michele Di Puppo risponde al locale di Rosarno e ha ricevuto le doti nel carcere di Palmi, dai miei compaesani. Mi ha detto Michele Di Puppo che Nicolino Grande Aracri aveva intenzione di raccogliere tutti i locali del catanzarese e del cosentino vicini a lui per fare un “Crimine”, non so dire se a Cutro o a Cirò».
La dote di “crimine internazionale”
Quando parliamo di Nicolino Grande Aracri è necessario quindi inquadrarlo come uno dei boss più potenti d’Italia. Potenza che gli è stata sempre riconosciuta da chi, prima di lui, ha deciso di collaborare con la giustizia. A conferma di ciò, ecco cosa dice il pentito Angelo Salvatore Cortese: «Per farvi capire quanto era importante Nicolino Grande Aracri per Antonio Pelle», uno degli esponenti più importanti della ‘ndrangheta reggina «vi sottolineo che su sua richiesta noi siamo rimasti fino alla fine del ricevimento (si riferisce al matrimonio nel 2000 del figlio di Antonio Pelle, ndr) a bere champagne con i familiari più stretti degli sposi». E aggiunge: «A conferma di ciò aggiungo che Nicolino Grande Aracri aveva ricevuto da Antonio Pelle “Gambazza” la dote del “crimine internazionale”, dote che in tutto il Crotonese avevano soltanto lui e Pasquale Nicoscia, grado che gli permetteva di interfacciarsi con tutte le persone anche al di fuori del territorio nazionale ed era riconosciuta in tutto il mondo, Canada ed Australia compresi».